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Bollettino Marittimo, Ottobre 2014

In this issue: La tassazione nella Repubblica Popolare Cinese: l’impatto nel settore internazionale marittimo dei recenti sviluppi in materia; GLOBAL SANTOSH (NYK Bulkship (Atlantic) N.V. vs. Cargill International S.A.) – se gli atti dei sub-noleggiatori abbiano o meno costituito atti di “charterers’ agents” ai sensi di una clausola fuori nolo; The NEW FLAMENCO – Vendita di nave ad un prezzo più alto di quello che sarebbe stato ottenuto qualora il contratto di noleggio fosse stato adempiuto – rilevanza di ciò circa i danni reclamabili dagli armatori a seguito della risoluzione del contratto; MAERSK NEUCHATEL – garanzia per il contributo del Carico in Avaria Generale – se il garante sia obbligato o meno a pagare su richiesta ai sensi dell’Adjustment pubblicato dal liquidatore di avarie; Libyan Navigator Ltd v Lamda Maritime Holdings Sp. z. o. o – richiesta di assistenza dalla Corte inglese da sub-noleggiatori incerti su come procedere di fronte ad un avviso di ‘lien’ sul nolo pagabile ai loro armatori; FALKONERA – trasferimento di carico ship-to-ship – se gli armatori di una VLCC fossero stati legittimati o meno a negare il permesso per il trasferimento del carico ad un’altra VLCC; Assuranceforeningen Gard Gjensidig v The International Oil Pollution Compensation Fund 1971 – Inquinamento ambientale – NISSOS AMORGOS; LNG GEMINI – American Overseas Marine Corporation vs. Golar Commodities Ltd – Importanza dell’adempimento a regole procedurali; Yemgas FZCO v Superior Pescadores SA Panama – The SUPERIOR PESCADORES; Moran Yacht & Ship Inc v Kirill Pisarev; 4YOU [2014] EWHC 1098 (Comm) – 4YOU – il diritto o meno del broker alle provvigioni per la vendita di uno yacht; “ALEXANDROS T” – se gli accordi transattivi tra assicurato ed assicuratore fossero o meno definitivi; La Convenzione ILO sul lavoro marittimo comincia ad avere i suoi effetti; Aggiornamento sulla pirateria; NYPE 2014; Regolamento UE per recupero crediti transfrontalieri; HFW – Notizie

La tassazione nella Repubblica Popolare Cinese: l’impatto nel settore internazionale marittimo dei recenti sviluppi in materia

La legge della Repubblica Popolare Cinese (RPC) ha da tempo disposto che armatori ed operatori stranieri potrebbero essere responsabili per il pagamento di (1) Imposta sul Reddito delle Imprese (Enterprise Income Tax) e (2) Imposta sul Valore Aggiunto (Value Added Tax) sui sul reddito proveniente dalla Cina.

In un primo momento, la parte straniera è stata, in teoria, ritenuta responsabile del pagamento di queste tasse. Tuttavia, nella pratica, le tasse sono state raramente pagate da operatori ed armatori stranieri. In riconoscimento delle difficoltà che le autorità fiscali cinesi hanno affrontato nella riscossione delle tasse dalle parti straniere, è stato richiesto alle loro controparti cinesi, ad esempio i noleggiatori, teoricamente, di pagare le tasse per conto degli armatori, trattenendole dai pagamenti agli armatori medesimi alla fonte. Detta responsabilità posta a carico dei noleggiatori non è stata, storicamente, imposta severamente, ma è diventata oggetto di molte procedure arbitrali a Londra subito dopo la crisi finanziaria globale nel 2008, dove i noleggiatori della RPC hanno cercato di evitare totalmente il pagamento del nolo sulla base del fatto che per loro sarebbe stato illegale disporlo nel luogo dell’adempimento. Per quanto ci risulta, nessuna delle procedure arbitrali relativa alle ritenute d’acconto della RPC è mai sfociata in un lodo o sentenza del tribunale, ed il problema dell’illegalità sollevato dai noleggiatori non è mai stato, alla fine, risolto.

Il recente interesse in materia è stato generato da un Avviso pubblicato dalle autorità fiscali cinesi (State Administration of Taxation of China, Notice [2014] No.37), che cerca di chiarire ed applicare l’esistente Imposta sul Reddito delle Imprese della RPC anche in relazione ai trasporti internazionali. Specificatamente, l’Avviso No.37 definisce quali attività possano essere oggetto della Imposta sul Reddito delle Imprese e come, nel caso di soggetti contribuenti non residenti, quali gli armatori stranieri, il ricavato scaturito dal trasporto internazionale connesso con la Cina debba essere registrato e pagato. Esso chiarisce, inoltre, come la tassa trovi applicazione nei confronti di armatori e trasportatori, non solo ai sensi di contratti di noleggio ma anche di contratti a viaggio, contratti di spedizione ed altri contratti marittimi con controparti residenti nella RPC.

L’Avviso No.37 specifica, ancora, che laddove i contribuenti non residenti non registrino e paghino le tasse sui profitti generati ai sensi della legislazione sull’Imposta sul Reddito delle Imprese, alle controparti cinesi verrà richiesto di trattenere queste tasse alla fonte al momento di effettuare il pagamento. L’obbligazione di trattenere il pagamento potrebbe adesso trovare anche applicazione a pagamenti effettuati da controparti cinesi attraverso sussidiarie estere – un sistema piuttosto comune, considerati i controlli relativi al cambio all’interno della Cina.

In vigore dal 1 agosto 2014, resta da vedere se l’Avviso [2014] No.37 porterà ad una nuova serie di controversie sul pagamento dell’Imposta sul Reddito delle Imprese relativa al trasporto internazionale. Non è inoltre certo, al momento, in quale misura le autorità fiscali in Cina daranno applicazione alle disposizioni delle leggi esistenti in maniera più severa in conseguenza dell’Avviso [2014] No.37.

Tuttavia, si consiglia agli armatori di controllare la loro possibile esposizione alla tassazione, in particolare se sussistano eccezioni e se i termini del contratto tra armatori e le loro controparti della RPC dispongano già circa quale delle parti sia responsabile per le tasse della RPC. Laddove sorgano delle domande relative a potenziale responsabilità, gli armatori dovranno considerare di nominare un commercialista locale che abbia familiarità con la legislazione e che potrebbe richiedere alle autorità fiscali conferma dell’applicazione dell’eccezione alla tassazione. Laddove si negozino nuovi contratti con controparti che abbiano sede, o siano controllate da società con sede, nella RPC, potrebbe essere saggio insistere su una clausola su misura circa la responsabilità per le tasse della RPC al fine di evitare controversie future. Ad esempio, gli armatori potrebbero voler includere termini chiari che richiedano che i noleggiatori accettino la responsabilità per tutte le Imposte sul Reddito delle Imprese e Imposte sul Valore Aggiunto della RPC.

GLOBAL SANTOSH (NYK Bulkship (Atlantic) N.V. vs. Cargill International S.A.) – se gli atti dei sub-noleggiatori abbiano o meno costituito atti di “charterers’ agents” ai sensi di una clausola fuori nolo

I Fatti

La nave GLOBAL SANTOSH era stata noleggiata a tempo dai suoi armatori, NYK Bulkship, a Cargill International S.A. che, a sua volta, aveva sub-noleggiato la nave a Sigma Shipping Ltd (Sigma) per il trasporto di un carico di cemento venduto da Transclear (presumibilmente sub-noleggiatori a viaggio) a IBG Investments Ltd (IBG).

Ai sensi del relativo contratto di vendita, IBG risultava responsabile per la discarica del carico e del pagamento delle controstallie a Transclear, laddove la discarica fosse stata ritardata oltre il periodo di stallie.

Quando la nave arrivò al porto, il 15 ottobre del 2008, essa venne trattenuta all’ancora a causa di congestione, in parte causata da problemi con il sistema di discarica di IBG. Dopo circa due mesi di attesa, il 18 dicembre, la nave venne fatta ormeggiare, ma venne successivamente rimandata indietro dal momento che, il giorno precedente, Transclear aveva ottenuto un ordine di sequestro sul carico in base al suo reclamo per controstallie contro IBG, relativo ai due mesi di ritardo quando la nave era stata trattenuta all’ancora.

L’ordine di sequestro aveva proibito qualsiasi interferenza con il carico e, per errore, aveva individuato anche la nave come oggetto del sequestro medesimo.

La discarica iniziò nel gennaio 2009.

I noleggiatori non pagarono il nolo per il periodo di mancata discarica dovuto all’ordine di sequestro, basando la loro posizione sull’articolo 49 del contratto di noleggio, il quale prevedeva che, qualora la nave dovesse essere fermata o sequestrata, il pagamento del nolo sarebbe stato sospeso sino al momento del suo rilascio, a meno che tale fermo o sequestro fosse stato occasionato da atto, omissione o inadempienza da parte dei noleggiatori o dei loro “agenti”, la clausola statuendo quanto segue:

“Should the vessel be ... detained or arrested ... during the currency of this Charter Party, the payment of hire shall be suspended until the time of her release, unless such ... detention or arrest is occasioned by any personal act or omission or default of the Charterers or their agents ...”.

Nell’arbitrato che ne derivò, gli armatori argomentarono che il fermo della nave era stato causato da un atto od omissione da parte di Transclear, in qualità di agente dei noleggiatori, e che quindi la nave non potesse considerarsi fuori nolo.

Tuttavia, una maggioranza del collegio arbitrale stabilì che Transclear non avesse agito in qualità di agente dei noleggiatori, e che quest’ultimo avesse avuto, quindi, il diritto di fare affidamento sulla clausola del fuori nolo.

A seguito dell’appello degli armatori, il giudice di primo grado, Mr Justice Field, rovesciò la decisione degli arbitri, stabilendo che:

  1. Per via del contratto di vendita, IBG avesse agito in qualità di delegata dei noleggiatori in riferimento all’obbligo di discarica gravante sui noleggiatori medesimi in virtù della clausola 8 del NYPE, secondo la quale essi avrebbero dovuto eseguire tutte le operazioni sul carico (“Charterers are to perform all cargo handling at their expense...”); e che
  2. La di essa mancata discarica entro i giorni di stallia avesse costituito un atto, omissione, o inadempienza da parte di un agente dei noleggiatori, che ricadeva nelle disposizioni della clausola 49.

L’Appello

Davanti alla Corte d’Appello, i noleggiatori argomentarono che (i) la disposizione trovasse applicazione solamente quando l’agente stesse adempiendo ad un’obbligazione delegata rispecchiante un obbligo imposto ai noleggiatori dal contratto di noleggio originale, che (ii) dal momento che il contratto di noleggio non imponeva alcuna obbligazione di discarica sui noleggiatori, non vi fosse alcuna similitudine con la responsabilità di discarica di IBG, e che (iii) pertanto, quest’ultima non stesse agendo in qualità di agente dei noleggiatori.

Gli armatori replicarono che il termine ‘agente’ nella clausola 49 dovesse essere interpretato in modo più ampio.

La Decisione

L’appello dei noleggiatori venne rigettato.

Non venne messo in discussione il fatto che il nolo continuasse a decorrere salvo che i noleggiatori potessero avvalersi di una clausola di fuori nolo.

Quanto alla formulazione della clausola 49, la nave sarebbe stata inizialmente fuori nolo qualora fosse stata sequestrata o sottoposta a fermo, e l’onere di dimostrare che il sequestro o fermo fossero stati causati da “personal act or omission or default of the Charterers or their agents” sarebbe poi ricaduto sugli armatori. Detta frase fungeva da “carve-out” (eccezione nella spartizione del rischio) rispetto allo schema generale della clausola 49.

Il Giudice di primo grado aveva giustamente individuato come il termine “agents” potesse includere delegati dei noleggiatori. Tuttavia, l’eccezione nella clausola non restringeva espressamente gli atti od omissioni in questione a quelli posti in essere nel corso della prestazione, da parte del delegato, della funzione ad esso delegata, e non vi era alcuna ragione di leggere tali parole nella clausola. Laddove un sub-noleggiatore sia un delegato del noleggiatore in conseguenza del sub-noleggio della nave, detta parte rimane un delegato per effetto della clausola 49, indipendentemente dalla natura legale dell’atto od omissione in questione.

Pertanto, in termini di interpretazione linguistica, le argomentazioni dei noleggiatori vennero rigettate. Non vi era dubbio che gli atti, omissioni ed inadempimenti culminanti nel sequestro della nave avessero coinvolto i delegati dei noleggiatori, dal momento che gli armatori non erano stati minimamente coinvolti nella discarica della nave. Anche se i noleggiatori non erano mai stati sottoposti ad alcuna obbligazione per la discarica della nave, la controversia ebbe origine dalle di essa operazioni commerciali.

Sia il linguaggio della disposizione che l’intero contratto di noleggio letto nel suo insieme, nonché il contesto commerciale, portarono alla conclusione che la spartizione del rischio fosse sufficientemente ampia da non permettere ai noleggiatori di mettere la nave fuori nolo. Anche gli atti ed omissioni di entrambe le società, Transclear ed IBG, portarono a detta conclusione.

Commento

La sentenza conferisce effetto alla usuale suddivisione della sfera di responsabilità tra armatori e noleggiatori, come sottolineato in altre sentenze, quali la DORIC PRIDE ([2006] EWCA Civ 599, [2006] 2 All E.R. (Comm) 188).

La Corte d’Appello ha conferito all’eccezione nella clausola di fuori nolo un’interpretazione ancora più ampia di quella decisa dal Giudice di primo grado: mentre, per quest’ultimo, gli atti od omissioni del delegato dovevano riguardare la prestazione di obblighi gravanti sui noleggiatori nel contratto di noleggio originale, per la Corte d’Appello, essi possono anche non coinvolgere un incarico loro delegato.

La decisione potrebbe essere considerata preoccupante per i noleggiatori, in quanto rischiano di trovarsi obbligati a pagare il nolo durante un importante periodo di ritardo creato da terze parti con cui non sussiste un rapporto contrattuale diretto. Inoltre, la decisione nella sentenza circa quello che potrebbe ammontare ad un atto od omissione da parte degli agenti di un noleggiatore, potrebbe trovare applicazione anche ad altre situazioni. Per esempio, l’obbligo in capo ai noleggiatori ed ai loro agenti ai sensi della clausola 18 del formulario NYPE di fare in modo che non venga creato un pegno o gravame (“lien or encumbrance”) sulla nave noleggiata, potrebbe costringere i noleggiatori a fornire una garanzia per il reclamo di una terza parte con cui essi non hanno niente a che fare qualora questa abbia lasciato che si creasse un pegno o gravame (“lien or encumbrance”), mentre il nolo rimarrebbe pagabile durante l’intero periodo di tempo perso di conseguenza.

In genere, le clausole di fuori nolo non sono basate strettamente sulle responsabilità contrattuali assunte dalle parti nel resto del contratto, ma rappresentano una piuttosto artificiale divisione del rischio, capace di portare a risultati arbitrari o iniqui. La spartizione del rischio in scenari come quello nella fattispecie è particolarmente difficile, perché si tratta di una situazione di mancato uso della nave completamente fuori dal controllo di ambedue le parti, rendendo qualsiasi esito inevitabilmente ingiusto per una delle due parti.

In questo caso, l’aver privato gli armatori del loro nolo per il periodo del sequestro sarebbe stato ancora più ingiusto, essendo gli armatori ancora più lontani - contrattualmente e commercialmente - dalle parti in fondo alla catena la cui disputa aveva portato al sequestro.

Tuttavia, un più giusto equilibrio rispetto a quello dettato dalla Corte d’Appello, potrebbe essere quello del Giudice di primo grado, per il quale l’atto o l’omissione in questione avrebbe dovuto essere collegato ad una prestazione contrattuale da porsi in essere da parte dei noleggiatori ai sensi del contratto di noleggio iniziale. Nella fattispecie, quel criterio sarebbe stato probabilmente soddisfatto perché, anche se i noleggiatori non erano stati obbligati a scaricare entro il periodo delle stallie nel contratto di noleggio a tempo, avevano comunque assunto l’obbligo generico di effettuare le operazioni di discarica, e tale nesso potrebbe essere considerato sufficiente per rendere i noleggiatori responsabili del pagamento del nolo per un ritardo dovuto a mancata discarica.

The NEW FLAMENCO – Vendita di nave ad un prezzo più alto di quello che sarebbe stato ottenuto qualora il contratto di noleggio fosse stato adempiuto – rilevanza di ciò circa i danni reclamabili dagli armatori a seguito della risoluzione del contratto

Questa recente sentenza emessa nel mese di maggio ([2014] EWCH 1547) ha ad oggetto una nave da crociera di piccole dimensioni, la NEW FLAMENCO, noleggiata a tempo su un formulario NYPE datato 13 febbraio 2004.

I Fatti

Nell’agosto del 2005, le parti conclusero un accordo per estendere il periodo di noleggio per due anni, fino al 28 ottobre 2007, con un’opzione per un terzo anno che non venne mai esercitata. In data 8 luglio 2007, le parti raggiunsero un accordo verbale per estendere il contratto per altri due anni, fino al 2 novembre 2009.

Successivamente, i noleggiatori rinunciarono all’estensione del contratto di noleggio, sostenendo di avere ancora il diritto di riconsegnare la nave il 28 ottobre 2007. Gli armatori ritennero che tale condotta costituisse un “anticipatory repudiatory breach” da parte dei noleggiatori, così da legittimare la risoluzione del contratto e, in data 17 agosto 2007, accettarono l’inadempimento come risoluzione contrattuale.

La nave venne riconsegnata il 28 ottobre 2007. Poco prima di questa data, gli armatori sottoscrissero un MOA per la vendita della nave per US$ 23,765,000.

Successivamente alla riconsegna, gli armatori diedero inizio ad un arbitrato a Londra ad arbitro unico, in cui reclamarono i danni per il lucro cessante.

All’udienza, era risultata una differenza importante nel valore della nave tra il 2007 e 2009, e di fatto l’arbitro riportò che il valore nel 2009 fosse stato di US$7,000,000.

I noleggiatori argomentarono che gli armatori avrebbero dovuto riconoscere la differenza tra il prezzo di vendita ed il valore di vendita del 2009. A parere degli armatori, la differenza di valore era legalmente irrilevante, stante che il beneficio che conferiva loro era a livello di valore capitale, mentre la loro perdita era relativa ad una fonte di reddito e, per avere rilevanza, il beneficio ricevuto avrebbe dovuto essere dello stesso tipo della perdita.

L’arbitro rigettò le tesi degli armatori. Applicando il principio per cui i danni devono compensare le perdite realmente subite (il cosidetto “compensatory principle”), rinvenne che l’inadempimento dei noleggiatori avesse causato la vendita della nave e che la vendita medesima avesse costituto un passo ragionevole per ridurre il danno subito. Ordinò agli armatori di riconoscere il valore capitale del 2007 dal momento che si trattava di una cifra maggiore rispetto al valore della nave alla data contrattualmente prevista per la riconsegna nel 2009.

Alla Corte venne chiesto di definire il corretto approccio per determinare quando la parte responsabile dei danni potesse essere legittimata ad ottenere credito per un beneficio ricevuto dalla parte innocente a seguito dell’inadempimento contrattuale.

La Decisione

La Corte accettò le tesi degli armatori, accogliendo il loro appello e fornendo, nella sua sentenza, un elenco molto utile dei principi rilevanti in materia, come di seguito:

  1. perché un beneficio sia tale da ridurre la perdita recuperabile dalla parte innocente, esso deve essere stato causato dall’inadempimento;
  2. se un beneficio è stato causato da un inadempimento, è una questione di fatto e grado;
  3. nel valutare se esista o meno il nesso di causalità necessario, vanno considerate tutte le circostanze, incluso (a) la natura e gli effetti dell’inadempimento e della perdita (b) il modo in cui essi si sono verificati e (c) eventuali fattori pre-esistenti, intervenuti o collaterali;
  4. non sarà sufficiente che l’inadempimento abbia semplicemente spinto la parte innocente ad ottenere il beneficio;
  5. l’indagine fattuale e legale e la conclusione raggiunta dovrebbero essere le medesime ove la questione venga considerata come una riduzione del danno o della misura del danno (ossia un’analisi di mitigation);
  6. un atto ragionevole della parte innocente che comporta una riduzione del danno non è necessariamente da considerarsi un passo causato dall’inadempimento;
  7. i benefici derivanti da un atto di mitigazione devono essere presi in considerazione solo se causati dall’inadempimento;
  8. un beneficio derivante da un atto che la parte innocente sia stata in grado di porre in essere, a prescindere dall’inadempimento, sarà probabilmente non sufficientemente causato dall’inadempimento medesimo;
  9. per essere preso in considerazione, il beneficio non deve essere necessariamente dello stesso tipo della perdita reclamata o mitigata;
  10. sebbene il nesso di causalità tra inadempimento e beneficio sia generalmente un requisito necessario, non sempre è sufficiente – principi di giustizia, equità ed ordine pubblico potrebbero precludere la riduzione della responsabilità della parte inadempiente, pure quando il nesso di causalità sia stato soddisfatto;
  11. i benefici non verranno presi in considerazione, pure se causati dall’inadempimento, laddove siano frutto di qualcosa che la parte innocente abbia posto in essere per suo personale beneficio.

Commento

La decisione sembra corretta. Nell’applicazione dei principi elencati dalla Corte, l’arbitro aveva errato in diritto. Il beneficio degli armatori non era stato causato dall’inadempimento dei noleggiatori. La riduzione del valore della nave nel 2009 era attribuibile, non all’inadempimento dei noleggiatori, ma alle condizioni economiche di quel momento. Quest’ultimi hanno meramente innescato un’opportunità per gli armatori di realizzare il valore capitale della nave. Gli armatori non erano stati obbligati a vendere la nave; la loro decisione di procedere alla vendita prendeva in considerazione un rischio commerciale che loro stessi si stavano assumendo.

La spiegazione fornita dall’arbitro, secondo la quale la vendita avrebbe costituito un passo ragionevole per mitigare il danno, non era stata sufficiente a livello giuridico per stabilire il nesso di causalità tra inadempimento e beneficio. L’approccio in base alla misura del danno, invece del criterio di causalità, portava alle stesse conclusioni: il danno subito dagli armatori stava nella perdita dei diritti contrattuali e nella fonte di reddito che il contratto avrebbe dovuto generare, ed un cambiamento nel valore capitale della nave conseguente ad un abbassamento del mercato non era correlato a tali diritti contrattuali. Lo stesso risultato sarebbe stato raggiunto applicando principi di ordine pubblico, che l’arbitro non aveva preso in considerazione.

La sentenza dimostra che, pur essendo un principio molto importante nel diritto inglese, sussistono dei limiti all’applicabilità del “compensatory principle”. In linea generale, lo scopo di tale principio è di calcolare i danni pagabili alla parte innocente ad un livello che la metta nelle stesse condizioni economiche in cui si sarebbe trovata qualora il contratto fosse stato adempiuto.

Tuttavia, non si tratta di un paragone automatico che tiene conto di tutte le differenze economiche, alcune delle quali non saranno state causate dall’inadempienza relativa. Nella fattispecie, sarebbe stato ingiusto dare ai noleggiatori il beneficio ottenuto dagli armatori dalla loro decisione di vendere la nave quando non obbligati a venderla e, a livello di ordine pubblico, non sarebbe stato auspicabile lasciare alle parti inadempienti la possibilità di ridurre in questo modo la loro esposizione. Allo stesso tempo, qualora la vendita della nave avesse aumentato la perdita degli armatori a seguito di un successivo innalzamento del mercato (e non un calo), non sarebbe stato facile per gli armatori reclamare quell’ulteriore perdita dai noleggiatori.

MAERSK NEUCHATEL – garanzia per il contributo del Carico in Avaria Generale – se il garante sia obbligato o meno a pagare su richiesta ai sensi dell’Adjustment pubblicato dal liquidatore di avarie

I Fatti

MAERSK NEUCHATEL – garanzia per il contributo del Carico in Avaria Generale – se il garante sia obbligato o meno a pagare su richiesta ai sensi dell’Adjustment pubblicato dal liquidatore di avarie

Il contratto di noleggio prevedeva che, in caso di avaria generale o salvataggio, i noleggiatori avrebbero fornito una garanzia temporanea accettabile, per conto delle merci e dei contenitori, al fine di evitare ritardi e garantire la loro discarica, così da permettere il trasporto successivo e la consegna ai ricevitori finali.

Il 20 luglio 2007, la nave si arenò a largo del porto di Tema, Ghana, con 1.139 container a bordo che dovevano essere consegnati in diverse destinazioni. Il 25 luglio 2007, venne dichiarata l’Avaria Generale.

Venne concordato tra le parti che, con la nave ed il carico a rischio a seguito dell’arenamento, l’evento fosse da ascriversi ad Avaria Generale. Stichling Hahn Hilbrich (“SHH”) furono nominati come liquidatori, e una lettera di impegno (Letter of Undertaking, o “LOU”) venne fornita dai noleggiatori per garantire il contributo in Avaria Generale del Carico.

Successivamente, SHH produsse una liquidazione ai sensi delle Regole di York ed Anversa del 1994, secondo la quale l’ammontare dovuto dal Carico ammontava a US$3.5 milioni. Gli armatori ritennero che i noleggiatori fossero obbligati a pagare l’intero ammontare specificato nella liquidazione. I noleggiatori replicarono che la loro sola responsabilità fosse quella di pagare la somma giustamente e legalmente dovuta da parte degli interessi del carico, dando loro la possibilità di eccepire una difesa al reclamo ai sensi dei contratti di trasporto relativi.

La Decisione

Le questioni poste alla Corte vennero risolte a favore degli armatori.

Il termine rilevante nella LOU era costituito dalla clausola in cui i noleggiatori si erano impegnati a pagare la giusta proporzione di Avaria Generale accertata come dovuta dal Carico, o dai suoi caricatori o proprietari, ai sensi di un’eventuale liquidazione (“the proper proportion of any general average and/or special charges which may hereafter be ascertained to be due from the cargo, or the shippers or owners thereof under an adjustment”).

Da un punto di vista linguistico, la tesi degli armatori, secondo la quale la clausola costituiva un obbligazione assoluta di pagare l’ammontare accertato come dovuto ai sensi della liquidazione, fu da ritenersi preferibile. Il pagamento doveva essere di una somma “ascertained to be due”, in cui “ascertained” significava “reso certo”, mentre “due” connotava il senso di essere dovuta e suscettibile di pagamento. Non vi era alcun motivo in base al quale considerare la somma accertata nella liquidazione come una somma soltanto condizionatamente o provvisoriamente dovuta. Non vi era nemmeno nessuna procedura o meccanismo nella lettera di impegno per stabilire quando e come essa sarebbe divenuta poi incondizionatamente dovuta, così come non sussisteva alcuna menzione, nella clausola relativa, circa il fatto che la somma dovesse essere legalmente dovuta, come spesso viene inserito (la sentenza State Trading Corp of India Ltd v Doyle Carriers Inc (The Jute Express) [1991] 2 Lloyd’s Rep. 55 trovò applicazione).

Pertanto, la corretta interpretazione della LOU era che essa obbligava i noleggiatori a pagare la somma accertata come dovuta nella liquidazione. Detta somma potrebbe rivelarsi, in realtà, un pagamento in eccesso o in difetto. In caso di pagamento in eccesso, i noleggiatori avrebbero potuto reclamare l’eccesso dagli armatori. In caso di pagamento in difetto, i noleggiatori non avrebbero avuto responsabilità ulteriore e gli armatori sarebbero rimasti con reclami non garantiti per il saldo contro i vari interessi del Carico.

I noleggiatori furono dunque obbligati da quanto determinato dai liquidatori, incluse le decisioni relative alle proprie spese, ed alla somma dovuta dagli interessi del Carico ai sensi dell’accordo di non separazione (non-separation agreement).

Il reclamo dei noleggiatori per la rettifica (rectification) della LOU, sulla presunta base di un comune errore, venne rigettato.

Commento

Questo caso dimostra la volontà della Corte di far prevalere il senso commerciale. Costituisce anche una lezione per coloro che redigono strumenti di garanzia. La formulazione delle circostanze che generano l’obbligo di pagare deve essere attentamente controllata in ciascun caso, al fine di assicurare che rifletta adeguatamente l’intenzione del beneficiario e del garante. Infatti, il Giudice ha commentato come vi fosse un chiaro e ben radicato precedente su come raggiungere l’effetto affermato dai noleggiatori in una garanzia di questo genere per il contributo del Carico in Avaria Generale, attraverso l’aggiunta delle parole “properly and legally due” – ma detta formulazione non era stata utilizzata nella LOU.

Pertanto, se la garanzia non è intesa come uno strumento di pagamento su richiesta (“pay now, argue later”) come risultava essere nella fattispecie, allora è necessario apportarvi cambiamenti per assicurare che questo sia chiaro. Allo stesso modo, se un garante desideri salvaguardare il diritto di impugnare il contratto/adjustment, allora, una specifica formulazione dovrà essere inclusa a tal fine.

Libyan Navigator Ltd v Lamda Maritime Holdings Sp. z. o. o – richiesta di assistenza dalla Corte inglese da sub-noleggiatori incerti su come procedere di fronte ad un avviso di ‘lien’ sul nolo pagabile ai loro armatori

In questa sentenza emessa lo scorso marzo dalla High Court, la Corte ricevette una richiesta di assistenza a livello del cosidetto “interpleader relief”, ossia un’ordinanza interlocutoria in un equo procedimento, atta a determinare a tempo debito i diritti di due (o più) parti che avanzino reclami contro lo stesso bene o vantino lo stesso diritto di pagamento.

Il ricorso è stato avanzato dai sub-noleggiatori di una nave contro i suoi veri armatori, o registered owners. Questi ultimi avevano noleggiato la nave a noleggiatori che, a loro volta, l’avevano sub-noleggiata a parte attrice.

Gli armatori avevano sostenuto che i noleggiatori non avessero pagato le rate del nolo ai sensi del contratto di noleggio e conseguentemente avevano esercitato un lien sul nolo pagabile dai sub-noleggiatori. Tuttavia, i sub-noleggiatori non vollero essere coinvolti nella disputa tra armatori e noleggiatori relativa alla validità del lien e su chi avesse diritto al nolo oggetto di contestazione.

L’assistenza richiesta alla Corte dai sub-noleggiatori – l’“interpleader relief” – consisteva nel pagamento del valore del nolo contestato su un conto della Corte, con i relativi costi da dedursi da questa somma, permettendo, in questo modo, ai sub-noleggiatori, di estromettersi dalla disputa e di non dover più affrontare il dilemma di chi pagare.

L’armatore non fece opposizione alla richiesta, ed i noleggiatori non parteciparono all’udienza.

La richiesta venne concessa ai sub-noleggiatori.

Commento

Nelle circostanze descritte, era risultato appropriato concedere il cosidetto interpleader relief ai sensi dell’Order 17 delle Regole della Corte Suprema. I noleggiatori avevano ricevuto un preavviso dell’udienza e della necessità di depositare delle prove nel caso avessero voluto opporsi al ricorso, e non lo fecero. Seppure i noleggiatori avessero fatto riferimento nella corrispondenza ad un’azione giudiziaria all’estero (in Polonia, il loro paese di domicilio), era chiaro che la Corte inglese fosse stata la prima Corte adita in relazione alla questione di chi avesse diritto al nolo, e quindi fosse legittimata a trattare la questione e ad emettere l’ordinanza stessa.

FALKONERA – trasferimento di carico ship-to-ship – se gli armatori di una VLCC fossero stati legittimati o meno a negare il permesso per il trasferimento del carico ad un’altra VLCC

I Fatti

Si tratta di un appello ad una sentenza della Corte di primo grado già riportata nel nostro Bollettino Marittimo di maggio 2013, dove la High Court aveva ritenuto ingiustificato il rifiuto degli armatori per il trasferimento del carico ship-to-ship ad un’altra VLCC.

Volendo brevemente riassumere i fatti, gli armatori avevano noleggiato la nave FALKONERA, una VLCC, su un formulario BPVOY4 modificato.

La Parte 2 del formulario standard prevedeva, all’articolo 8.1, l’opzione per i noleggiatori di trasferire tutto o parte del carico a/o da qualsiasi altra nave per la navigazione oceanica, e che tutti i trasferimenti avrebbero dovuto essere eseguiti secondo le raccomandazioni di cui all’ultima edizione della Guida ICS/OCIMF per trasferimento Ship -to- Ship.

Per l’appunto, l’articolo 8.1 statuiva quanto segue:

“Charterers shall have the option of transferring the whole or part of the cargo ... to or from any other vessel including, but not limited to, an ocean-going vessel, barge and/or lighter ... All transfers of cargo to or from Transfer Vessels shall be carried out in accordance with the recommendations set out in the latest edition of the ICS/OCIMF Ship to Ship Transfer Guide (Petroleum).”

I noleggiatori avevano richiesto l’approvazione degli armatori per l’uso di altre due navi VLCC per ricevere il carico attraverso un trasferimento ship-to-ship. Il Giudice di primo grado concluse che gli armatori non avessero fornito alcuna base ragionevole per negare la propria approvazione all’uso delle due VLCC.

La Decisione

La Corte d’Appello ha rigettato l’appello, decidendo quanto segue.

  1. Il diritto dei noleggiatori di trasferire il carico costituiva un diritto di trasferire il carico a qualsiasi nave, anche ad un’altra VLCC. Il fatto che il trasferimento fosse a quel tipo di nave e potesse, in un certo senso, essere considerato come non-standard non costituiva, di per sé, una ragionevole motivazione per il rifiuto degli armatori. Ai sensi del contratto di noleggio, gli armatori avevano accettato il rischio che il trasferimento potesse avvenire anche ad un’altra VLCC, assieme ai rischi inevitabilmente inerenti a tale operazione.
  2. Il Giudice era stato interamente legittimato a raggiungere la sua conclusione sui fatti, a seguito della fase istruttoria durata quattro giorni e concernente le navi e l’operazione relativa. Dopo avere considerato le prove e le testimonianze dei periti, il Giudice ne avrebbe dovuto valutare il peso, alla luce del proprio giudizio circa la loro qualità e forza di persuasione. La Corte d’Appello non avrebbe dovuto interferire nelle sue conclusioni, a meno che questi non avesse (i) capito o applicato male i principi relativi, (ii) tenuto conto di fattori irrilevanti o non tenuto conto di fattori rilevanti o (iii) raggiunto una conclusione che era chiaramente errata o fuori dalla portata di quello che poteva ragionevolmente concludere.

Commento

Questa interessante sentenza potrebbe trovare applicazione anche ad altri casi dove il diritto contrattuale di una parte sia soggetto al permesso dell’altra, e da contratto tale permesso non possa essere irragionevolmente negato.

Nella fattispecie, nel determinare se il rifiuto, da parte degli armatori, fosse stato ragionevole o meno, la Corte ha tenuto conto dell’approccio generale degli armatori nel momento in cui era stato chiesto il loro permesso. Fra l’altro, la Corte ha preso in considerazione l’affermazione degli armatori relativa al fatto che il trasferimento da una VLCC ad un’altra non fosse possibile, la loro insistenza su quella che in realtà era una loro idea fissa circa l’inaccettabilità di trasferimenti tra una VLCC ed un’altra, abbandonando qualunque discussione relativa all’operazione stessa, e ripetendo vari punti che, analizzati bene, non fornivano alcuna base ragionevole per il rigetto di una delle VLCC, tenuto conto delle sue caratteristiche.

L’approccio della Corte a tal riguardo dimostra come può essere importante, in un caso di questo genere, l’impressione creata dal comportamento della parte che neghi il suo permesso, come dimostrato dalla corrispondenza scambiata tra le parti. Di conseguenza, è molto importante che la parte cui venga richiesto il permesso si dimostri aperta a considerare la possibilità di concederlo e si focalizzi su veri motivi concreti per cui ragionevolmente potrebbe negarlo.

Assuranceforeningen Gard Gjensidig v The International Oil Pollution Compensation Fund 1971 – Inquinamento ambientale – NISSOS AMORGOS

In questa interessante sentenza emessa lo scorso mese di maggio, si torna a parlare del noto caso di inquinamento ambientale scaturito dall’arenamento della NISSOS AMORGOS nel Canale di Maracaibo, Venezuela, nel 1997, causando la fuoriuscita di 3600 MT di petrolio in mare.

Gard, parte attrice ed assicuratore degli armatori, ha promosso due reclami, uno in Inghilterra ed uno in Venezuela, contro il Fondo Internazionale di Risarcimento dei Danni Causati dall’Inquinamento da Idrocarburi (‘il Fondo’), un’organizzazione internazionale creata ai sensi della Convenzione Internazionale sulla Responsabilità Civile per i Danni derivanti da Inquinamento da Idrocarburi del 1971, oltre che una corporation ai sensi della legge Inglese, in virtù delle disposizioni dell’International Organisations Act 1968 e dell’ International Oil Pollution Compensation Fund (Immunities and Privileges) Order 1979.

Gli armatori ed il loro P&I Club, Gard, avevano stabilito un fondo di garanzia in Venezuela ed avevano pagato approssimativamente US$6,5 milioni per estinguere i reclami fino al dicembre 2000, quando è subentrato il Fondo, riflettendo la usuale pratica tra i P&I Clubs ed il Fondo stesso, al fine di facilitare un rapido accordo. Infatti, una volta che tutti i reclami sono stati determinati, solitamente viene predisposto un pagamento di pareggiamento del saldo da parte del Club al Fondo, o viceversa, in modo tale che entrambi abbiano contribuito proporzionalmente ai propri debiti.

Ad un incontro tra Gard, il Gruppo Internazionale ed il Fondo tenutosi il 18 maggio 2014, il Direttore del Fondo aveva menzionato la sua intenzione di suggerire che alla riunione successiva l’ammontare rimasto nel Fondo (circa £4.6 milioni) dovesse essere restituito a chi avesse contribuito. Questo spinse Gard a depositare presso la Corte Inglese un procedimento d’urgenza (freezing order) per bloccare eventuali tali pagamenti.

In entrambi i reclami, Gard richiese alla Corte di far dichiarare il Fondo come responsabile, in relazione all’incidente sopra menzionato, per l’indennizzo di quanto sostenuto a seguito della sentenza emessa dalla Corte penale in Venezuela, il 26 febbraio 2010, e nella quale si disponeva che gli armatori e Gard fossero responsabili, nei confronti della Repubblica del Venezuela stessa, per la somma di US$60,250,396 per danni da inquinamento ambientale.

Queste le principali questioni:

  1. se il Fondo godesse di immunità con riguardo all’emissione di un ordine a seguito del ricorso sommario (freezing injunction);
  2. se il Fondo godesse di immunità con riguardo al reclamo proposto i) in Inghilterra ed ii) in Venezuela;
  3. se Gard potesse sostenere la propria posizione rispetto al proprio reclamo i) in Inghilterra ed ii) in Venezuela;
  4. se vi fosse un rischio reale di dissipazione (dissipation) di beni.

Quanto ai primi due punti, la Corte decise che l’immunità conferita ai sensi della sezione 6(1) dell’ordine emesso precedentemente, non costituisse una immunità completa. Essa costituiva immunità parziale (qualified immunity). L’immunità era stata concessa solo nella misura in cui l’azione giudiziale non rientrasse in una delle eccezioni elencate. Quanto al punto 3, sulla base della prova sino a quel momento depositata, la Corte decise che Gard potesse sostenere la propria posizione in Inghilterra, ma non decise sul Venezuela, seppure affermò che non vi fosse allo stato prova contraria per cui Gard non potesse sostenere con successo la sua posizione in Venezuela.

Quanto al punto 4, il giudice affermò che vi fosse un alto rischio di dissipazione – dissipation – di beni.

La Corte decise a favore di Gard, e concluse favorevolmente con riguardo all’emissione della freezing injuction in Inghilterra, ma specificando che non potesse decidere con riguardo al reclamo depositato in Venezuela.

Commento

Il caso in questione è uno dei cinque casi di mancato rimborso per danni da inquinamento da petrolio che ha coinvolto il Fondo del 1971. A seguito dei cambiamenti al regime di indennizzo all’inizio degli anni ‘90, molti Stati hanno cessato di far parte della Convenzione del 1971 che ha costituito il Fondo. La Convenzione non è più in vigore dal 24 maggio 2002. Pur se deve essere dissolto, il Fondo rimane obbligato, ai sensi della Convenzione, a risarcire per perdite subite prima del 2002.

L’Accordo tra il Fondo, l’Inghilterra e l’International Oil Pollution Compensation Fund (Immunities and Privileges) Order 1979 stabilisce le immunità su cui il Fondo può fare affidamento nel Regno Unito. L’Ordine contiene una eccezione specifica all’immunità con riguardo a prestiti o altre transazioni per fornire denaro (a loan or other transaction for the provision of finance). Il Giudice ha ritenuto che Gard avesse una buona difesa, stante che la pratica del pagamento tra i Clubs ed il Fondo rientrava sotto questo titolo. Di conseguenza, il giudice decise che la Corte avesse giurisdizione per decidere circa la richiesta di procedimento d’urgenza, e che Gard avesse dimostrato l’esistenza di un rischio reale che il Fondo avrebbe dissipato il suo patrimonio, restituendo i fondi a chi aveva contribuito. Pertanto, il Giudice aveva emesso il decreto (freezing order) con riguardo ai reclami della causa Inglese, ma non prese una decisione favorevole a Gard quanto al fatto, da loro argomentato, che il Fondo non avesse immunità in Venezuela.

Non è rimasto molto nel Fondo per provvedere a questo o gli altri casi di rimborso in sospeso.

Il Fondo ha richiesto alla High Court di accantonare il reclamo in Inghilterra, ed il caso potrebbe dunque procedere in un appello ed alla fine anche dinanzi alla Supreme Court, il che potrebbe impedire la procedura di dissoluzione del Fondo per qualche tempo. Se i fondi della Convenzione del 1971 verranno esauriti, ci si domanda come il Fondo possa imporre ulteriori contribuzioni ai sensi di una Convenzione non più in vigore.

LNG GEMINI – American Overseas Marine Corporation vs. Golar Commodities Ltd – Importanza dell’adempimento a regole procedurali

Il caso in questione, in cui HFW ha agito con successo per la parte convenuta, dimostra l’importanza di aderire alle regole di Procedura Civile laddove una disputa venga trattata dinanzi alla High Court.

Gli armatori della LNG GEMINI (parte attrice), avevano richiesto il rimborso dai noleggiatori (parte convenuta) per i costi sostenuti in relazione al sistema di carico della nave, a seguito di una presunta contaminazione di un carico di LNG, caricato dai noleggiatori. Durante la controversia che ne è derivata, gli armatori non erano riusciti a dimostrare la responsabilità dei noleggiatori, e la Corte dispose che anche se avessero dimostrato la responsabilità, non sarebbero comunque riusciti a dimostrare il quantum. Tale mancanza era stata in parte dovuta alla mancata osservazione delle regole di procedura civile con riguardo alla fase istruttoria.

La Corte ha, infatti, nell’esercizio dei suoi poteri generali di gestione del caso, la facoltà di controllare le questioni relative alle prove. Le regole procedurali specificano all’articolo CPR 1.4, che la Corte debba attivamente gestire i casi al fine di conseguire il prioritario obiettivo di consentire ai tribunali di occuparsi dei casi in modo giusto ed a costo proporzionato. La regola procedurale CPR 32 concede alla Corte specifici poteri per controllare la prova, incluso quello di dare indicazion circa l’estensione e la forma della prova che verrà ammessa come tale. Detti poteri sono più comunemente esercitati durante la cosiddetta fase della Case Management Conference (CMC), dove la Corte decide quali questioni potranno essere oggetto di prova fattuale o consulenza tecnica, e l’estensione degli obblighi di divulgazione delle parti. La consulenza tecnica è solamente ammissibile, a seguito di concessione del permesso della corte ai sensi della regola procedurale CPR 35.4.

Ulteriore consulenza tecnica/prova senza conoscenza diretta

Parte attrice ha notificato una relazione tecnica supplementare basata sulle opinioni espresse da un collega dell’autore della relazione medesima. La Corte accettò la richiesta pervenuta da parte convenuta per cui a tale prova non si sarebbe dovuto dare alcun peso, dal momento che si trattava di una prova su fatti relativamente ai quali il perito scrivente non aveva conoscenza diretta, e che in ogni caso la prova non si sarebbe potuta considerare come ulteriore consulenza tecnica, dal momento che parte attrice non aveva avuto il permesso di addurla. Il parere del collega del perito venne ritenuto come inammissibile.

Divulgazione tardiva

Poco prima dell’udienza, e dopo che i documenti preparati per l’udienza medesima erano stati concordati, parte attrice ne divulgò di nuovi, e cercò di introdurli come ulteriori faldoni documentali per l’udienza.

Parte convenuta inviò a parte attrice un preavviso ai sensi delle regole procedurali CPR 32.19, richiedendole di provare l’autenticità del nuovo materiale divulgato. Da parte attrice non vi fu alcun tentativo di dimostrare l’autenticità della nuova documentazione o di spiegare i motivi della divulgazione tardiva. Parte convenuta negò l’accordo alla modifica dei documenti per includere nuovo materiale.

La Corte non incluse la nuova documentazione sulla base del fatto che era stata tardivamente divulgata e che la sua autenticità non era stata provata ai sensi della regola procedurale CPR 32.19.

Prova fattuale tardiva

Parte attrice non depositò alcuna prova fattuale a supporto della propria posizione con riguardo al quantum fino all’ultimo giorno lavorativo prima del processo, ed alla dichiarazione testimoniale che venne notificata erano allegati documenti che erano stati tardivamente divulgati e veniva fatto riferimento alla prova senza conoscenza diretta. Non venne data alcuna motivazione al ritardo della prova fino al primo giorno del processo, quando l’avvocato di parte attrice indicò che la necessità di provare il quantum era stata semplicemente sorvolata.

La Corte concesse la prova sul quantum ma solo con riferimento alla documentazione che era stata inizialmente divulgata, ed escluse la prova che faceva affidamento su materiale che era stato divulgato poco prima del processo, sulla base del fatto che parte convenuta non aveva avuto tempo di visionarla. Inoltre, stabilì che parti della dichiarazione testimoniale contenessero questioni alla base della relazione peritale che parte attrice non aveva avuto il permesso di addurre come prova. La Corte fece altresì riferimento all’assenza di spiegazione adeguata con riferimento al ritardo della prova.

Parte attrice rispose a questa argomentazione richiedendo alla Corte di posticipare la considerazione delle problematiche relative al quantum ad una data successiva, così che parte convenuta avesse tempo per preparare la propria prova sul quantum. La richiesta venne rigettata.

Commento

Ciò che scaturisce dal caso in questione è l’importanza di attenersi strettamente alle regole procedurali, incluse le direzioni pratiche ad esse annesse. Fino a poco tempo fa, vi poteva essere stata una tendenza ad assumere che si potesse solitamente porre rimedio ad errori procedurali e che, nonostante tali errori potessero portare ad ordinanze negative con riguardo ai costi, potessero raramente avere effetto sull’esito sostanziale del caso. Sulla base di questo importante precedente, tale supposizione non può più essere posta in essere.

Yemgas FZCO v Superior Pescadores SA Panama – The SUPERIOR PESCADORES

La controversia oggetto di questo caso è scaturita dal danneggiamento a macchinari ed equipaggiamento che sarebbero stati utilizzati per la costruzione di una struttura per l’estrazione di gas naturale in Yemen.

I Fatti

Il carico era stato caricato sulla nave al porto di Anversa, Belgio, l’11 gennaio 2008, e gli armatori emisero sei polizze di carico per il trasporto da Anversa a Balhaf in Yemen riconoscendo che esso fosse in apparenti buone condizioni. Ciascuna polizza conteneva una clausola Paramount identica alla clausola Congenbill e facente riferimento alle Regole dell’Aja.

Il carico in transito subì un danno stimato oltre US$3.6 milioni. Le parti concordarono che la legge e giurisdizione Inglesi sarebbero state applicate alla disputa, facendo in modo che le Regole dell’Aja -Visby venissero applicate in qualità di legge, essendo il Belgio uno Stato contraente. La questione che sorse era relativa a quale limite per unità avrebbe trovato applicazione, dal momento che taluni colli avevano un limite più alto ai sensi delle Regole dell’Aia, ed alcuni ai sensi delle Regole dell’Aja-Visbi.

Il Giudice decise quanto segue:

  1. Un riferimento alle Regole dell’Aja avrebbe potuto considerare la Convenzione come emendata dalle Regole dell’Aja-Visby, specialmente in circostanze in cui le parti sapevano che la scelta delle Regole del’Aja sarebbe stata piuttosto inefficace, dato che sarebbero state applicate le Regole dell’Aja-Visbi come risultato dell’applicazione della legge Inglese.
  2. Tuttavia, il caso Parsons Corporation v C V Scheepvaartonderneming “Happy Ranger” (The Happy Ranger) [2001] 2 Lloyd’s Rep 530 concerneva una clausola identica ed era altamente persuasivo per l’effetto che la clausola in questione era idonea a fare riferimento solo alle Regole dell’Aja-Visby.
  3. Poteva lo spedizioniere fare affidamento sui limiti delle regole dell’Aja quando essi erano più alti? Non vi era dubbio che un accordo che aumentasse le responsabilità del vettore fosse permesso. La questione era se l’articolo IV regola 5(g) imponesse qualche limite con riguardo alla libertà contrattuale delle parti nel predisporre tale accordo.
  4. Seppure vi fosse bisogno di certezza e prevedibilità, non vi era bisogno di esporre il massimo come concordato in SDRs o altrimenti attraverso un metodo da determinarsi in anticipo o che non ponesse in alcuna circostanza un limite inferiore rispetto al limite delle regole dell’Aja.
  5. Seppure possibile per le parti di un contratto insito in una polizza di carico cui si applicavano le Regole Aja–Visby, di concordare sulle Regole dell’Aja il limite di £100 sterline oro, e sarebbe stato dato effetto a detto accordo perché risultasse in un limite più alto di responsabilità rispetto all’ammontare previsto dall’articolo IV regola 5(a) delle regole dell’Aja – Visby, le parti non avevano infatti concluso alcun accordo sui generis in questo caso.
  6. Obiter, la data della conversione del valore aureo delle Regole dell’Aja corrispondeva alla data di consegna.

Commento

Il Giudice, influenzato dai commenti della Corte d’Appello nella sentenza del “Happy Ranger”, ha concluso che la clausola Paramount incorporasse soltanto le Regole dell’Aja. Tuttavia, questo non lo fermò dal rigettare l’approccio selettivo dei proprietari del carico, stabilendo che una clausola Paramount che incorpori le Regole dell’Aja non abbia l’effetto di modificare il limite per unità ai sensi delle Regole dell’Aja Visby. Nell’opinione della Corte, le parti devono aver realizzato che una scelta contrattuale delle Regole dell’Aja sarebbe stata ampiamente inefficace, considerata l’applicazione obbligatoria delle Regole dell’Aja Visby. In modo interessante, il Giudice ha inoltre stabilito che la data rilevante per convertire il valore aureo (ai sensi delle Regole dell’Aja) in moneta risultasse o (i) nella data di consegna delle merci o (ii) nella data in cui esse sarebbero state consegnate (in caso di perdita), dal momento che la perdita si cristallizzava ed il motivo della causa si maturava in queste date.

Moran Yacht & Ship Inc v Kirill Pisarev; 4YOU [2014] EWHC 1098 (Comm) – 4YOU – il diritto o meno del broker alle provvigioni per la vendita di uno yacht

In questa interessante sentenza emessa lo scorso aprile, si discute della richiesta di provvigioni da parte del broker di uno yacht venduto sulla base di un presunto o esplicito accordo tra le parti.

I Fatti

Moran Yacht & Ship Inc (‘Moran’) yacht broker e parte attrice, ha presentato reclamo contro il proprietario di un super yacht, 4YOU, di proprietà di Kirill Pisarev (‘Pisarev’) parte convenuta (primo convenuto), richiedendo il pagamento di provvigioni apparentemente scaturite dalla vendita dello yacht in questione.

Intorno al mese di aprile 2010, Moran aveva discusso con Pisarev circa la possibilità di acquistare un altro yacht da un cantiere olandese ad un ottimo prezzo. Nel presentare l’affare a Pisarev, fece presente che questo avrebbe conferito un beneficio anche a Moran stesso, dal momento che sia l’acquisto della nuova unità che la vendita di 4YOU avrebbero generato provvigioni. Pisarev avrebbe dovuto vendere 4YOU per acquistare il nuovo yacht.

Nel maggio del 2010, le parti visitarono il cantiere per verificare la qualità dei suoi prodotti e per discutere un possibile acquisto. Più tardi quel mese, un dipendente di Moran mostrò ad un altro imprenditore russo il 4YOU. A giugno, Pisarev pagò un deposito per l’acquisto di uno yacht prodotto dal cantiere olandese, e nella lettera di intenti decise di aggiungere una specifica clausola al contratto di costruzione e finanziamento perché si specificasse che 4YOU sarebbe stato messo sul mercato “dopo l’estate” attraverso Moran, e che in caso di vendita dello stesso, il compratore avrebbe provveduto al pagamento secondo quanto disposto dallo schema di pagamento del contratto di costruzione.

Il contratto venne sottoscritto nel mese di settembre e poco dopo Pisarev diede istruzioni a Moran di mettere 4YOU sul mercato facendo pubblicità all’unità e partecipando ai maggiori saloni nautici. Verso la fine del 2011, 4YOU non era stato ancora venduto, nonostante fossero state fatte svariate offerte. Nel mese di Dicembre 2011 Pisarev venne ad un accordo con un socio in affari per la vendita di 4YOU per la cifra di €19.8 milioni. La vendita ebbe luogo nel gennaio 2012.

Moran reclamò una commissione del 10% sulla vendita, sulla base del fatto che aveva mostrato lo yacht al socio d’affari nel maggio 2010.

Il reclamo venne rigettato.

Pisarev risultò un testimone sincero ed affidabile e dichiarò che vennero date istruzioni presso il cantiere Olandese di mettere lo yacht 4YOU sul mercato nel maggio 2010, anche se la sua futura vendita venne discussa.

Non vi era alcuna documentazione che mostrasse istruzioni di metterlo sul mercato allora. La lettera di intenti specificava che il 4YOU sarebbe stato messo sul mercato “dopo l’estate”. Sarebbe stato sorprendente che Pisarev avesse deciso di venderlo quando le discussioni con il cantiere erano solo ad uno stadio preliminare. Era assai più probabile che le istruzioni di Pisarev a Moran risalissero al mese di settembre, quando il contratto olandese era stato firmato, e la posizione di Moran era stata inizialmente messa a settembre. Non era plausibile che Moran cercasse di interessare compratori con l’intento di presentare a Pisarev un’offerta nelle circostanze in cui Moran sapeva che stava coltivando interesse nello yacht olandese, per il quale la vendita di 4YOU sarebbe stata necessaria. Il socio d’affari non aveva ragione di essere di parte durante la sua testimonianza, ed il suo rapporto supportava la posizione di Pisarev. Quanto sostenuto da Moran con riferimento all’accordo esplicito od implicito non andò a buon fine. Anche se la decisione fosse stata errata, Moran non aveva costituito la causa, anche effettiva, della vendita al socio d’affari.

Commento

La sentenza dimostra la necessità - soprattutto quando ci sono relazioni personali strette in gioco - di stabilire chiaramente se e quando un’agenzia viene conferita ad un broker. Evidenzia anche quanto non sia sempre facile dimostrare che le azioni del broker siano state l’effettiva causa di una vendita. Non è necessario essere la causa immediata della vendita, ma le azioni del broker devono creare il rapporto tra venditore e compratore. Qui, la visita sullo yacht era stata un’iniziativa personale del broker al fine di indurre il suo cliente a comprare una nuova unità, e tale visita non era stata mai riferita al venditore sicché quando, 19 mesi dopo, il venditore ha incontrato il compratore, si trattava di una nuova transazione e non la continuazione di una precedente.

“ALEXANDROS T” – se gli accordi transattivi tra assicurato ed assicuratore fossero o meno definitivi

Laddove un attore definisca totalmente un procedimento legale inglese concludendo un accordo transattivo, potrebbe essergli permesso di rifiutare tale accordo iniziando un’azione legale altrove in Europa invocando il regolamento di Bruxelles 2001? Questa, essenzialmente, la domanda posta dinanzi la Supreme Court nel caso “ALEXANDROS T”.

Il caso ha origine dalla tragica perdita, a 300 miglia a largo di Port Elizabeth, della petroliera “Alexandros T” e tre quarti del suo equipaggio, nel maggio 2006. Gli armatori, Starlight Shipping, hanno depositato un reclamo contro i loro assicuratori a Londra, i quali hanno rigettato la responsabilità. Starlight ha dunque iniziato un’azione legale dinanzi la Corte Inglese nel 2006.

L’azione venne amaramente contestata, ma alla fine venne sospesa a seguito della conclusione di accordi ai sensi dei quali tutti i reclami (any and all claims) ai sensi delle polizze assicurative erano pienamente e totalmente definiti. Gli accordi erano regolati dalla legge inglese ed erano soggetti all’esclusiva giurisdizione della High Court Inglese.

Successivamente, nel 2011, Starlight ha iniziato un’azione contro gli assicuratori in Grecia, richiedendo qualcosa come US$150m in perdite, mossa che ha scioccato il mercato assicurativo globale, dal momento che era chiaro che Starlight sarebbe stata costretta a disfare gli accordi transattivi. Nell’azione in Grecia, Starlight fece affidamento sulle accuse di disonestà da parte degli assicuratori, sostenendo che avessero costruito prove e corrotto i testimoni, e risultò particolarmente danneggiata per quello che riteneva essere il volontario mancato puntuale pagamento ai sensi delle polizze. Parte dei reclami in Grecia erano basati su questa presunta mancanza (la quale, significativamente, non è azionabile ai sensi del diritto inglese).

Gli assicuratori risposero riportando in vita la procedura giudiziale inglese ed iniziando una nuova azione, cercando di far sì che Starlight ottemperasse agli accordi transattivi. La Corte inglese emise sentenza a loro favorevole.

Starlight contrattaccò. Dinanzi alla Corte d’Appello, fece riferimento all’articolo 27 del Regolamento di Bruxelles 2001 il quale prevede che solo la prima Corte adita abbia giurisdizione. Argomentò che il procedimento Inglese trattasse della stessa causa tra le stesse parti (“the same cause of action and between the same parties”) del procedimento in Grecia e, dal momento che la corte greca risultava la prima adita, la corte inglese era obbligata a sospendere il procedimento. La sentenza d’appello venne emessa a favore di Starlight.

Le implicazioni furono enormi. Se agli assicuratori fosse stato negato il ricorso alla Corte Inglese, la loro unica opzione sarebbe stata quella di richiedere alla Corte greca di applicare gli accordi transattivi basati sulla legge inglese, di pronunciarsi sui reclami degli assicuratori per gli inadempimenti di Starlight del sollevamento da “any and all claims” e della clausola relativa alla giurisdizione nell’accordo transattivo, e reclamare un indennizzo contro Starlight.

Gli assicuratori fecero appello alla Supreme Court. Starlight sostenne un nuovo argomento, vale a dire che il procedimento greco e quello inglese costituissero cause connesse ai sensi dell’articolo 28 del Regolamento. Se avessero avuto ragione, la Corte non inizialmente adita avrebbe potuto sospendere l’azione.

La Supreme Court capovolse il giudizio della Corte d’Appello. Decise che i reclami degli assicuratori per: (i) danni per inadempimento dell’accordo relativo alla giurisdizione; (ii) danni per inadempimento per l’aver superato gli accordi transattivi, e (iii) una indennità contro le conseguenze di Starlight per aver iniziato una procedura estera non avendo essa stessa causa o oggetto, non costituissero “the same cause of action”, come i reclami portati dinanzi le Corti greche. Come risultato, la Corte inglese non era obbligata a sospendere nessuno dei reclami ai sensi del’articolo 27.

Tuttavia, se gli assicuratori non avessero abbandonato il loro reclamo separato sulla base di una dichiarazione per cui essi non sarebbero stati responsabili nel procedimento in Grecia, la Supreme Court avrebbe dovuto essere obbligata ad ordinare una sospensione obbligatoria di quel reclamo ai sensi dell’Articolo 27, dal momento che costituiva una immagine riflessa della stessa causa d’azione dei reclami in Grecia.

Il reclamo degli assicuratori sulla base di una dichiarazione che i reclami dinanzi alla Corte greca fossero relativi al sollevamento dall’impegno preso (e fossero stati pertanto conclusi) fu allo stesso modo problematico. A maggioranza, la Corte Suprema non accolse la sospensione, ma dal momento che due giudici erano in disaccordo, la questione venne riferita alla Corte Europea, come anche venne riferita l’argomentazione degli assicuratori relativa al fatto che Starlight fosse in ritardo per invocare l’Articolo 27 dinanzi alla Corte d’Appello, dal momento che non lo fecero in prima istanza.

Le argomentazioni di Starlight basate sull’Articolo 28 vennero rigettate: parti della procedura del 2006 sono state sospese ed altre no, ma in entrambi i casi la Corte Inglese era stata la prima adita, pertanto l’Articolo 28 non trovò applicazione. Anche se la Corte inglese non fosse stata la prima adita, la Supreme Court non era pronta ad esercitare la sua discrezione per imporre una sospensione in circostanze in cui le parti avessero espressamente concordato di riferire controversie scaturenti dagli accordi all’esclusiva giurisdizione della Corte inglese.

Commento

Nonostante, in apparenza, questa sentenza possa essere costruita come una decisione di principio, la Supreme Court giustificò le sue decisioni facendo riferimento ad argomenti altamente tecnici ai sensi del diritto europeo. Nel fare ciò, camminava su un filo, disegnando una sottile distinzione tra i danni ed i reclami per un indennizzo (che ricadevano al di fuori dell’Articolo 27) e le apparentemente identiche pretese per dichiarazioni (che ricadevano ai sensi dell’Articolo 27, o almeno richiedevano una determinazione dalla corte Europea).

Soprattutto, questo caso può essere visto come una vittoria del buonsenso: ciò che era in gioco era nientemeno che l’autorità delle Corti inglesi di controllare accordi transattivi espressamente soggetti alla legge ed alla esclusiva giurisdizione inglesi. Se le argomentazioni di Starlight fossero state accolte, gli assicuratori sarebbero stati costretti a chiedere alla Corte del luogo di residenza di Starlight di far rispettare tali accordi, cui Starlight stessa aveva inadempiuto, cominciando l’azione in Grecia.

La sentenza inoltre rinforza l’ampio principio che accordi transattivi devono porre termine ai procedimenti legali, pienamente negli interessi della certezza legale e degli affari e dunque principio ben accolto dall’intera comunità commerciale in genere.

La Convenzione ILO sul lavoro marittimo comincia ad avere i suoi effetti

Dall’entrata in vigore della Convenzione sul Lavoro Marittimo alla fine dello scorso anno, Maritime Labour Convention (MLC), i porti degli Stati membri hanno iniziato a dimostrare quanto seriamente considerino le loro responsabilità nell’ambito della Convenzione. L’ILO (International Labour Organisation – l’organizzazione delle Nazioni Unite responsabile per la supervisione della MLC) ha consigliato agli Stati membri minor severità durante i primi 12 mesi di funzionamento della MLC ma, nonostante questo, sono già stati riportati molti fermi scaturenti dalla mancata osservazione della MLC, e si prevede che ve ne saranno altri nei mesi a seguire.

Il Canada ha già sottoposto a fermo tre navi in differenti occasioni e per varie ragioni, tra cui salari non pagati, onorari per il reclutamento pagati ad agenzie di reclutamento equipaggi, mancanza di accordi sul salario, assenza di contratti di lavoro con l’equipaggio e condizioni precarie a bordo. Ad un membro dell’equipaggio pare che sia stata addirittura negata la visita medica.

Tra altre cose, la MLC richiede che tutti i marinai abbiano un contratto di lavoro, e stabilisce i requisiti minimi di paga, inclusa la gestione dei salari. I pagamenti da marinai ad agenzie di reclutamento dell’ equipaggio, non sono permessi.

La convenzione inoltre prevede certi standard di alloggio, nonché dei servizi sanitari.

Un recente fermo, quello della nave battente bandiera panamense “KOUYOU”, ha avuto luogo dopo che ufficiali ITF in Quebec hanno rinvenuto che all’equipaggio erano dovuti più di US$51,000 in salari non remunerati, e che avevano dovuto pagare per assicurarsi il lavoro. A seguito di notifica da parte dell’ITF, l’autorità di controllo dello stato di approdo ha stabilito il fermo della nave fino a che non avessero ricevuto le garanzie dall’autorità di bandiera panamense che sarebbero state poste in essere misure atte a risolvere i problemi identificati.

Quattro membri dell’equipaggio avrebbero richiesto di essere rimpatriati. La nave “KOUYOU” è una petroliera di nuova costruzione (2013), che aveva già superato un’ispezione nel giugno 2013, valida sino ai 6 mesi successivi. Probabilmente, senza l’intervento dell’ ITF, l’autorità di controllo dello stato di approdo non sarebbe stata coinvolta.

La Danimarca è stato una dei primi Stati che abbia disposto il fermo su una nave ai sensi della MLC; infatti, l’Autorità Marittima Danese, ha sottoposto a fermo una nave battente bandiera Liberiana all’inizio di settembre per contratti non a norma; i contratti erano in essere, ma non erano adeguati ai sensi della MLC. Fermi sono stati riportati anche dal MOU di Parigi (che vorrebbe armonizzare il Port State Control in 27 paesi Europei ed il Nord Atlantico) in Russia e Spagna, coinvolgendo navi battente bandiera di Cipro, Liberia, Marshall Islands, Olanda, Panama e Tanzania.

Le azioni di queste autorità portuali evidenziano che gli Stati membri della MLC stanno prendendo seriamente i loro obblighi, e non hanno timore di prendere misure severe per assicurare che la Dichiarazione dei Diritti dei Marinai (Seafarers’ Bill of Rights) sia correttamente messa in atto. Dall’altro lato, però, gli armatori mostrano sempre maggiore preoccupazione che i sindacati marittimi utilizzino la MLC come una minaccia per la contrattazione salariale.

È inoltre chiaro che la MLC sta avendo anche un impatto piuttosto ampio. Il registro di Gibilterra ha confermato la procedura di finanziamento per il rimpatrio degli equipaggi di tre navi battenti bandiera di Gibilterra ed incagliate a largo della Germania, a seguito della cancellazione dei contratti di gestione. Sta anche approfondendo questioni relative a salari non pagati ed ha dichiarato di agire per adempiere alla MLC nonostante essa non fosse ancora in vigore in Gibilterra (essa è successivamente entrata in vigore il 7 agosto 2014, quando è entrata in vigore anche in Inghilterra). Negli Stati Uniti, che non hanno ratificato la MLC e non hanno annunciato alcuna intenzione di farlo, la guardia costiera ha incoraggiato le navi commerciali statunitensi che commerciano a livello internazionale, ad ottenere certificati di volontaria conformità alla MLC, anche se essa non verrà imposta a navi degli Stati Uniti o straniere in acque statunitensi.

Gli Stati membri dell’IMO continuano a sottoscrivere la MLC, che adesso ha 64 ratifiche. Le più recenti, quelle di Samoa il 21 novembre 2013 e quella dell’Italia il 19 novembre 2013. La MLC entrerà in vigore nei paesi che hanno ratificato la MLC dopo il 20 agosto 2013, dodici mesi successivamente alla ratifica. Dato che la MLC è ancora allo stadio della ratifica per molti Stati, ed in altri non ancora in vigore, sarà necessario del tempo prima che si impianti e che se ne vedano i risultati, e perché venga percepito a pieno l’impatto. Tuttavia, è chiaro come stia già avendo un notevole effetto e tutti gli armatori ed operatori devono assicurarsi che siano ad essa conformi.

L’ILO sta tenendo la MLC sotto controllo, ed ha appena pubblicato una proposta per aggiungere garanzie di tipo finanziario con riguardo al rimpatrio al termine di un viaggio e per il rimborso nell’evento di morte o disabilità a lungo termine.

Aggiornamento sulla pirateria

Somalia

Gli 11 superstiti di origine Iraniana della nave Albedo catturata nel 2010 sono stati finalmente rilasciati durante il primo fine settimana di giugno. [Sembra che sia stato pagato un riscatto di 2 milioni di dollari per porre fine al loro calvario, iniziato quando la nave venne sequestrata nel Novembre del 2010.] L’equipaggio era inizialmente composto da 23 membri; sette, di nazionalità pakistana, sono stati rilasciati lo scorso agosto dopo il pagamento di un riscatto pari a US$2.9 milioni. Cinque membri dell’equipaggio hanno perso la vita durante il naufragio dell’Albedo nel 2013, ma gli 11 sopravvissuti sono stati trasferiti ad un peschereccio.

Holman Fenwick Willan ha coordinato un’iniziativa per liberare gli ostaggi, una volta abbandonanti dai loro datori di lavoro. HFW ha assistito gratuitamente, assieme a varie organizzazioni, incluse le Nazioni Unite, per garantire il rilascio dei marinai e per aiutarli a lasciare la Somalia. Sino ad ora, HFW ha contribuito alla liberazione di un totale di 1,750 marinai.

Il Comandante delle forze francesi in azione nella zona meridionale dell’Oceano Indiano ha recentemente dichiarato che la pirateria somala non costituisce più una minaccia alle navi mercantili. Ciononostante, ha aggiunto che le cause del fenomeno non sono state ancora sradicate e che sia necessario comunque rimanere vigili e prestare attenzione.

Nel tentativo di ridurre il fenomeno lungo la costa dell’Africa Orientale e migliorare le condizioni economiche oltre che lo stile di vita della popolazione somala, una partnership composta da Shell, BP, Maersk, Nippon Yusen Kaisha, Mitsui OSK Lines e K Line, ha donato un US$1.5m al progetto delle Nazioni Unite chiamato ‘Alternative Livelihoods to Piracy’ nel Puntland e nelle regioni centrali della regione.

L’iniziativa, nata nel 2013, ha già donato al progetto US$1m ed ha supportato la creazione di nuovi posti di lavoro nella città di Adado, nel centro della Somalia, oltre al miglioramento delle infrastrutture e la costruzione di una strada per collegare la penisola di Hafun, sino a quel momento isolata, dando lavoro a moltissimi disoccupati, ed espandendo le opportunità commerciali. Molte, altresì, le iniziative per insegnare un mestiere ai giovani somali.

D’altro canto, la pirateria come problema globale ha le sue radici nelle limitate opportunità economiche del paese, un alto tasso di disoccupazione e povere infrastrutture, ed il risollevamento dell’economia può evitare che i giovani somali vengano reclutati per gli attacchi alle navi mercantili.

Asia Sud-Orientale

Ma l’IMB ha sollevato preoccupazioni con riguardo all’aumento degli attacchi di pirateria in Asia sud-orientale. Sino ad ora, infatti, il territorio in questione ha costituito la sede di nuovi attacchi alle navi per il furto del loro carico di petrolio o del carburante, e adesso sembra che obiettivo dei pirati non siano più rimorchiatori o chiatte, ma piccole navi cisterne.

Ma l’IMB ha sollevato preoccupazioni con riguardo all’aumento degli attacchi di pirateria in Asia sud-orientale. Sino ad ora, infatti, il territorio in questione ha costituito la sede di nuovi attacchi alle navi per il furto del loro carico di petrolio o del carburante, e adesso sembra che obiettivo dei pirati non siano più rimorchiatori o chiatte, ma piccole navi cisterne.

Ed il recente attacco il 28 agosto da parte di sei pirati contro una nave cisterna a circa 30 miglia nautiche a nord dell’isola di Pulau Tioman, a largo della costa orientale della Malaysia, non fa che ricordarci come il furto al carico di petrolio nelle acque vicine a Singapore rimanga ostinatamente vivo. I pirati hanno sequestrato la nave e preso in ostaggio l’equipaggio, che hanno rinchiuso nella sala macchine. Hanno quindi portato la nave in un luogo sconosciuto, dove hanno trasferito il carico ad un’altra imbarcazione. Prima di abbandonare la nave, i pirati hanno distrutto tutti i sistemi di navigazione e comunicazione ed hanno rilasciato l’equipaggio, che è poi riuscito a ripararli ed a dirigersi in un porto sicuro.

Dal mese di gennaio alla fine di agosto sono già stati registrati 8 incidenti, primariamente nel Mare Cinese Meridionale, ma anche negli Stretti di Malacca e Singapore, e nelle acque Indonesiane e della Malaysia.

É stato registrato il 17 settembre scorso, l’attacco ad una nave cisterna, la Orapin 2, in rotta verso Timor Leste. Quando si trovava nel Mar Cinese Meridionale, otto pirati armati sono riusciti a salire a bordo, hanno legato l’equipaggio e lo hanno rinchiuso in una stanza, mentre nel frattempo hanno fatto razzia di beni personali, ed hanno danneggiato i sistemi di navigazione. Anche il carburante è stato trasferito a due navi cisterna più piccole e i pirati sono poi riusciti a fuggire prima che le autorità potessero intervenire.

Mentre le autorità marittime in Malaysia, Singapore ed Indonesia hanno fatto in modo di sventare numerosi attacchi, non hanno però avuto il potere di debellare il fenomeno. Primariamente, perché gli attacchi sono studiati per essere fuori dalla loro giurisdizione, il che rende difficile le fasi di monitoraggio, localizzazione e salvataggio.

Il metodo di attacco sembra essere ormai standard. I pirati salgono a bordo di piccole e lente autocisterne (al di sotto di 5,000 stazza lorda) con bassi bordi liberi che rendono l’abbordaggio più semplice lungo la rotta, legano l’equipaggio e si organizzano con un’altra nave cisterna per un trasferimento ship-to-ship del carburante o del carico.

Un rapporto da parte del ReCAAP (Regional Cooperation Agreement on Combating Piracy and Armed Robbery against Ships in Asia) sottolinea come l’innalzamento del prezzo e della domanda per carburante/petrolio nel mercato clandestino costituiscano un fattore chiave. Il marine gas oil è molto comune e difficile da rintracciare ed i ladri sono in grado di rivenderlo in modo facile e veloce. Le navi non sono prese di mira per il riscatto, come in Somalia, ma solo per il carburante. Nel caso della New Glory il 25 maggio, i pirati si sono appropriati degli effetti personali dell’equipaggio, dopo essersi resi conto che il carico era costituito da bitume e non da petrolio. Inoltre, il ReCAAP Information Sharing Centre ritiene che per mezzo di informazioni trapelate con riguardo al carico e rotta delle navi, gli attacchi vengano concentrati in aree al di fuori della giurisdizione, rendendo difficile rispondere. I pirati, infatti, portano avanti misure complesse in modo estremamente rapido, il che presume che abbiano una conoscenza piuttosto dettagliata delle navi, suggerendo la presenza di una ‘talpa’ nella maggior parte dei casi.

Infatti, sei dei sedici incidenti dall’inizio degli attacchi legati al trasferimento di carico o carburante iniziati nel 2011, hanno colpito la medesima compagnia e le navi Ai Maru e Moresby 9 sono state attaccate due volte.

Inoltre, tre membri dell’equipaggio della nave Naniwa Maru No. 1, che inizialmente si pensava che fossero stati rapiti, sono fuggiti con i pirati portando con sé oggetti personali e documenti di viaggio. Le loro abitazioni sono state evacuate una settimana prima dell’incidente senza che la compagnia ne fosse al corrente, e le famiglie non hanno mai riposto ai vari tentativi di contatto da parte del ReCAAP ISC.

Cyrus Modi, manager presso l’ICC International Maritime Bureau Commercial Crimes Services, ha dichiarato come “operazioni di questo tipo necessitano un alto grado di capacità di organizzazione, specialmente nell’aumentare la conoscenza del mercato e nel trovare compratori in tempi brevi. [Questi incidenti] fanno certamente parte di un gruppo relativamente ben organizzato”.

E se da una parte i pirati sono altamente organizzati, gli armatori non sembrano sempre preparati laddove vengano attaccati. “Molte compagnie fanno ancora affidamento sull’approccio tradizionale ‘se ci sono problemi fateci sapere’. Per questo, sono spesso sorpresi e impreparati agli attacchi.

E l’industria marittima è riluttante nel prendere ulteriori misure, stante la non positiva situazione economica.

Ironicamente, il mercato clandestino che ha reso la pirateria del petrolio così attraente è stato, in parte, sostenuto dalle attività illecite degli equipaggi, ma con la tolleranza degli armatori con riguardo al furto occasionale. Fino alla recente crescita nel furto di petrolio, “la maggior parte degli armatori ha preso in considerazione la vendita su piccola scala o il baratto di carburante in eccesso come un costo insignificante, talvolta anche acquistando direttamente carburante da loro”.

Il rapporto del ReCAAP sottolinea l’importanza della necessità di migliorare la coordinazione tra le agenzie marittime delle nazioni dell’Asia Sud orientale che hanno avuto problemi a cooperare in passato.

Le misure che si raccomanda vengano prese nel ReCAAP includono, tra le altre: il mantenimento di comunicazione attiva come minimo ogni quattro ore; controllo dei trascorsi personali dell’equipaggio; la rotazione dell’equipaggio (al fine di evitare il trapelare di informazioni e complotti); l’installazione di sistemi di localizzazione che lancino l’allarme nel momento in cui una nave cambi la sua rotta e compartimentalizzazione di informazioni relative a rotta e carico su basi ristrette.

Africa Occidentale

Quattro importanti associazioni del commercio marittimo hanno redatto le linee guida aggiornate per armatori, operatori e comandanti contro la pirateria nel Golfo di Guinea. Il documento può essere gratuitamente scaricato dai siti internet di BIMCO, International Chamber of Shipping, Intertanko e Intercargo. Il gruppo di lavoro ha descritto la attuale situazione come ‘totalmente inaccettabile’. Geograficamente parlando, gli incidenti sembrano essersi espansi, con attacchi registrati fino a sud dell’Angola e a nord della Sierra Leone. Le linee guida vanno lette in congiunzione con le BMP4 anche se nascono soprattutto come guida contro la minaccia del fenomeno in Africa Occidentale, che come noto differisce dalla metodologia di attacco somala. Esse prendono inoltre in considerazione nuove iniziative regionali sulla sicurezza, tra cui, in particolare, il Maritime Trade Information Sharing Centre del Golfo di Guinea.

NYPE 2014

Come molti già sapranno, BIMCO, con il supporto di ASBA e della Singapore Maritime Foundation, sta preparando una nuova versione del contratto di noleggio a tempo NYPE Time Charter, che sperano di poter pubblicare quest’anno. Una caratteristica chiave di questo nuovo formulario consisterà nell’incorporazione di molte delle usuali clausole addizionali nel corpo del contratto di noleggio stesso, pur allo stesso tempo mantenendo l’aspetto dell’esistente formulario NYPE, familiare all’industria del settore.

Dopo quasi due anni di incontri regolari a New York, Singapore e Copenhagen, il gruppo di lavoro composto da BIMCO, ASBA e SMF ha quasi concluso il nuovo NYPE.

La revisione di quello che costituisce il più largamente utilizzato contratto di noleggio a tempo standard ha richiesto ardua riflessione da parte del gruppo di lavoro.In una prima fase del progetto è stato deciso che il nuovo NYPE avrebbe dovuto essere maggiormente esauriente rispetto alle precedenti edizioni del 1946 e 1993. Riconoscendo il fatto che il formulario NYPE viene regolarmente integrato da numerose clausole addizionali dalle parti, la nuova versione includerà le più comunemente utilizzate nel corpo principale del contratto. Questa procedura, di per sé, significa che gli utenti ridurranno significantemente il loro rischio di lasciarsi sfuggire clausole chiave o aggiungere clausole che possano essere in conflitto con altri termini. In conseguenza di ciò, il formulario NYPE diventerà necessariamente più lungo, ma questo dovrà essere soppesato in relazione al notevole beneficio degli utenti che non dovranno aggiungere numerose clausole addizionali da varie fonti o addirittura redigerle personalmente.

Nonostante la lunghezza del contratto, ogni sforzo è stato fatto per mantenere le sembianze del NYPE, e non sono stati posti cambiamenti alle clausole esistenti che non risultassero necessari; molte di esse mantengono infatti la stessa numerazione della più recente edizione del ‘93.

Nel linguaggio moderno dei contratti di noleggio, il NYPE aggiornato includerà, per nominarne alcune, disposizioni relative a ISM, ISPS, velocità economica, vegetazione sullo scafo, pirateria, dichiarazione di carico e sanzioni. Tutte queste disposizioni sono state attentamente controllate dal gruppo di lavoro per assicurare che formino nella loro totalità un ‘pacchetto’ di termini contrattuali integrati e ben bilanciati.

La fase successiva nello sviluppo del nuovo NYPE è relativa alla consultazione con il settore. Verranno organizzati diversi seminari pubblici a livello mondiale dove membri del gruppo di lavoro spiegheranno i cambiamenti ed i miglioramenti al NYPE e risponderanno alle domande provenienti dal pubblico. Una bozza finale del NYPE dovrebbe essere pronta tra poco. Se approvata, essa sarà a disposizione in un prossimo futuro attraverso il sistema di modifica dei contratti di noleggio del BIMCOs, IDEA2.

Provvederemo ad informarvi dettagliatamente circa gli sviluppi.

Regolamento UE per recupero crediti transfrontalieri

Il 15 maggio scorso, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato il regolamento che istituisce una procedura per l’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari (European Account Preservation Order -’ordinanza’- ) al fine di semplificare il recupero transfrontaliero di crediti in materia civile e commerciale. Questo, al fine di evitare il trasferimento o prelievo, fino a concorrenza dell’importo specificato nell’ordinanza, di somme detenute dal debitore nel contro bancario di uno Stato membro.

Qui di seguito menzioniamo brevemente gli aspetti principali:

  1. Il regolamento trova applicazione con riferimento ai crediti pecuniari nella maggior parte delle materie civili e commerciali che abbiano carattere transnazionale;
  2. L’effetto dell’ordinanza è molto simile ad una procedura sommaria, seppure non identica, attraverso il sequestro conservativo dell’ammontare del debito presso il conto del debitore, in modo tale che la somma possa venire utilizzata a soddisfacimento della pretesa creditoria a seguito dell’emissione di una decisione giudiziaria;
  3. Laddove un’ordinanza venga emessa nell’Unione, essa sarà immediatamente esecutiva in tutti gli Stati membri senza che vi sia il bisogno di ricercare un riconoscimento formale dalle corti di ciascuno Stato membro;
  4. Il debitore non sarà informato della domanda di ordinanza di sequestro conservativo, né verrà sentito prima dell’emissione dell’ordinanza medesima;
  5. I creditori potranno accedere a questa procedura di recupero transfrontaliero in alternativa alle procedure esistenti nell’ambito delle rispettive giurisdizioni nazionali.

Il Regolamento trova applicazione in tutti gli Stati membri ad eccezione di Inghilterra e Danimarca, seppure un dibattito è attualmente in corso per quanto attiene alla partecipazione dell’Inghilterra al procedimento sopra descritto.

HFW – Notizie

Siamo lieti di annunciare che la sede di HFW di Shanghai ha vinto il premio per International Shipping and Maritime Firm of the Year alla cerimonia di premiazione cinese di Law & Practice Awards tenutasi a Beijing lo scorso 19 settembre.

Siamo altrettanto lieti di annunciare che, il 28 ottobre 2014, la sede di HFW di Dubai ha ricevuto il prestigioso premio di Middle East & Maritime Lawyer of the Year alla premiazione dei Seatrade Middle East, Indian & Africa Maritime Awards a Dubai, evidenziando il loro prezioso contributo nel settore marittimo.

Infine, HFW ha ampliato la sua competenza in Australia con la recente acquisizione presso la sede di Sidney del team specializzato in costruzione e progettistica formato da due partner e 10 avvocati per l’assistenza relativa a progetti, sia privati che commerciali, in Australia, Asia e Medio Oriente.

Per informazioni si prega di rivolgersi a Richard Mabane all’indirizzo e-mail richard.mabane@hfw.com o al numero telefonico +44 (0) 2072648505 (diretto) o +44 (0) 7881 827952 (cellulare).

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