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Bollettino Marittimo: Edizione Speciale Sulla Pirateria, Maggio 2014

In questa edizione speciale del Bollettino Marittimo, prendiamo in considerazione la attuale situazione della pirateria, problema che purtroppo resta tutt’ora irrisolto, nonostante il numero degli attacchi da parte dei pirati somali sia sensibilmente diminuito, con il fenomeno sempre più in crescita in Africa Occidentale.

Innanzitutto, trattiamo di una recente sentenza della High Court nel caso della BULK URUGUAY, dove la Corte era stata chiamata a decidere se i noleggiatori fossero stati legittimati o meno a risolvere un contratto di noleggio in seguito ad un rifiuto degli armatori ad obbedire agli ordini alla nave di transitare lungo il Golfo di Aden.

Ancora, un’altra interessante sentenza relativa ad un reclamo da parte dei noleggiatori per la perdita dovuta al trasferimento, ordinato sotto minaccia da pirati, di 5,300 MT di carico ad una imbarcazione sconosciuta, che secondo i noleggiatori fosse da considerarsi ‘in transit loss’ ai sensi del contratto di noleggio, e che quindi la responsabilità ricadesse sugli armatori.

Inoltre, un breve ed importante aggiornamento relativo alle modifiche predisposte da Intertanko alla clausola pirateria, la quale, relativa all’attesa delle navi nel Golfo di Guinea al di fuori dal porto prima del carico o scarico delle merci, lascia alla discrezione degli armatori se attendere al di fuori del porto, o più a largo, al di fuori del raggio d’azione dei pirati.

Infine, notizie sul recentissimo Centro Volontario di segnalazione per l’Africa Occidentale, una messa a fuoco della pirateria in Africa Occidentale, ed un generale aggiornamento su nuovi sequestri, attacchi ma anche catture di pirati, sulla posizione dell’Unione Europea sulla possibilità di unificare norme relative alla sicurezza, e sul recente arresto in Nigeria di due soldati inglesi di cui ancora rimangono sconosciute le cause.

M/V BULK URUGUAY Geden Operations Ltd v Dry Bulk Handy holdings Inc - Inadempimento contrattuale anticipato del contratto di noleggio a viaggio a seguito di renunciation

In questa recente sentenza emessa lo scorso 28 marzo, si discute il diritto dei noleggiatori di fornire ordini di impiego per il transito della M/V BULK URUGUAY nel Golfo di Aden, con pagamento del premio addizionale per rischi guerra.

La Corte ha considerato il giusto criterio da applicarsi per determinare se il comportamento degli Armatori legittimasse o meno la risoluzione del contratto da parte dei noleggiatori per “repudiatory breach”.

I fatti

Con un contratto di noleggio a tempo sottoscritto il 2 luglio 2010 su formulario NYPE modificato, gli armatori (parte convenuta) avevano noleggiato la rinfusiera M/V BULK URUGUAY ai noleggiatori (parte attrice) per un periodo di 35 a 37 mesi ad una rata giornaliera di US$18,500. Il contratto venne concluso quando la nave si trovava in costruzione nelle Filippine.

Il contratto conteneva la clausola Conwartime 2004 ed una BIMCO Piracy Clause emendata. Quest’ultima era stata specificatamente modificata attraverso la cancellazione dei paragrafi (a) e (b), che riflettevano le pratiche del mercato, ove veniva inteso che la nave potesse transitare nel Golfo di Aden senza il consenso da parte degli armatori. In questo caso, la nave era stata definita come “GOA OK”, status che le consentiva di avere un vantaggio economico su quelle navi per cui tale rotta necessita il consenso degli armatori. Tale condizione avrebbe infatti fruttato molto di più al giorno seppure, come menzionato, il noleggiatore avrebbe comunque dovuto provvedere al pagamento di un premio aggiuntivo.

Durante le negoziazioni, i noleggiatori fecero presente agli armatori che la possibilità di transito nel Golfo di Aden, senza dover ricevere il loro previo permesso,costituisse per loro un punto fondamentale per concludere il contratto.

Con un messaggio via brokers dell’8 luglio 2011, i noleggiatori indicarono che, per il viaggio inaugurale della nave dal cantiere alle Filippine, stavano considerando di portarla nell’Atlantico attraverso il Golfo di Aden, e richiesero informazioni circa i costi del premio addizionale. Gli armatori richiesero ai loro armatori (gli “head owners”) il permesso per questo viaggio inaugurale. Dopo un rifiuto iniziale, questi ultimi cambiarono posizione, e diedero il loro consenso chiarendo, però, che il permesso era stato dato per lo specifico viaggio soltanto, e che ciò non avrebbe costituito un precedente per altri viaggi.

Seguì corrispondenza in cui gli armatori dichiararono che i termini del contratto di noleggio richiedessero il loro permesso per il transito nel Golfo di Aden ed indicarono che la loro posizione in merito sarebbe stata dettata dalla posizione degli head owners. Il 23 luglio 2011, i noleggiatori scrissero che ritenevano che l’insistenza, da parte degli armatori, di dover ottenere in ogni occasione il consenso al transito dagli head owners, si dovesse ritenere come un repudiatory breach, che pretesero di accettare come risoluzione del contratto di noleggio. Con una mail del 25 luglio 2011, gli armatori accettarono la presunta risoluzione del contratto da parte dei noleggiatori come essa stessa repudiatory breach, dichiarando di risolvere il contratto, per il comportamento dei noleggiatori.

Durante l’arbitrato che ne seguì, il collegio dispose a favore degli armatori.

I noleggiatori presentarono appello, dichiarando che gli arbitri avessero errato in diritto.

La sentenza

Il giudice decise che non vi fosse stato alcun errore in diritto. In particolare:

    
  • Non poteva essere accolta la tesi dei noleggiatori secondo la quale vi fosse un qualche principio di legge per cui la condotta di una parte che abbia fatto dipendere il proprio adempimento al giudizio esercitato da una terza parte, costituisca comportamento che evidenzi intenzione di non adempiere.
  • Inoltre, la fattispecie non corrispondeva ad un caso di impossibilità. Il collegio aveva rinvenuto che l’atteggiamento degli armatori non dovesse essere concepito come se fossero stati impossibilitati o privi di volontà ad adempiere agli ordini di viaggio relativi ad un transito nel Golfo di Aden.
  • Dai fatti rilevati dagli arbitri si supportava la conclusione che la mancanza di conformità, da parte degli armatori, agli ordini di viaggio non privava i noleggiatori dell’intero beneficio del contratto.
  • I noleggiatori, quindi, non erano stati legittimati a risolvere il contratto.

Commento

Nel diritto inglese, l’anticipatory breach può verificarsi laddove una parte (i) rinunci alle proprie responsabilità derivanti dal contratto, o (ii) sia stata impossibilitata ad adempiere in futuro per via del suo stesso atteggiamento.

È essenziale, al secondo concetto, che la parte innocente possa prevedere un inadempimento inevitabile, e non solo possibile ovvero probabile.

Alla luce di ciò, sembra corretta l’analisi del giudice, secondo la quale il mero fatto che la possibilità di adempiere dipendesse dal consenso di una terza parte, e dunque non fosse nel controllo degli armatori, non fosse sufficiente, di per sé stesso, per giungere all’anticipatory breach.

Sembra altresì giustificabile la conclusione che, mentre la condotta di una parte che renda l’adempimento futuro incerto può, in certi casi, dimostrare l’intenzione di non adempiere al contratto (e dunque giustificare la sua risoluzione), tale non fosse stato il caso nella fattispecie.

VALLE DI CORDOBA Trafigura Beheer v Montanari di Navigazione SpA – Trasferimento di carico da parte di pirati da considerarsi o meno un ‘in transit loss’ o ‘cargo loss’ ai sensi del contratto di noleggio?

I noleggiatori (parte attrice) avevano noleggiato una nave di proprietà degli armatori (parte convenuta) per il trasporto di una partita di olio motore di qualità superiore. Il contratto di noleggio era stato registrato in un recap che prevedeva il formulario ‘Beepeevoy 3 form’ oltre alle clausole standard di Trafigura (Trafigura Chartering Clauses) del 1 agosto 2005, come modificate. Il contratto conteneva una clausola riguardante ‘in transit loss’, che statuiva quanto segue:

“In addition to any other rights which Charterers may have, Owners will be responsible for the full amount of any in-transit loss if in-transit loss exceeds 0.5% and Charterers shall have the right to deduct from freight claim an amount equal to the FOB port of loading value of such lost cargo plus freight and insurance due with respect thereto. In transit loss is defined as the difference between net vessel volumes after loading at the loading port and before unloading at the discharge port.”

(“In aggiunta ad altri diritti che i noleggiatori possono avere, gli armatori saranno responsabili per l’intero ammontare di qualsiasi perdita occorsa se la perdita occorsa durante il transito ecceda lo 0.5% ed i noleggiatori avranno il diritto di dedurre dal nolo un ammontare uguale al valore FOB del porto di caricazione di tale carico perso, oltre nolo ed assicurazione rispettivamente relativi. La perdita in transito viene definita come la differenza tra il volume netto della nave dopo la caricazione al porto di caricazione, e prima di essere scaricata al porto di scarico.” )

La clausola 46 del contratto prevedeva che gli armatori fossero suscettibili di protezione ai sensi delle Regole dell’Aia.

Nel dicembre 2010, secondo quanto ordinato dai noleggiatori, la nave caricò un carico di carburante ad Abidjan, Costa D’Avorio, che doveva essere scaricato in Lagos, Nigeria. Lungo il viaggio, la nave venne sequestrata dai pirati, i quali trasferirono parte del carico ad una nave sconosciuta, che poi scomparse.

I seguenti furono i punti di discussione nella successiva azione legale davanti alla High Court:

- se, sulla base della clausola relativa alla perdita in transito, il carico trasferito dalla nave dai pirati costituisse o meno ‘in transit loss’ o ‘lost cargo’ ai fini della clausola medesima.

- laddove il carico trasferito costituisse ‘in transit loss’, se la clausola relativa alla perdita durante il transito imponesse una responsabilità, in capo agli armatori, per la perdita del carico trasferito, anche alla luce delle Regole dell’Aia, applicabili ai sensi della Clausola 46.

La sentenza

La Corte ha deciso che il carico trasferito non fosse da considerarsi ‘in transit loss’ o ‘cargo loss’ ai sensi della clausola relativa, la quale clausola,quindi, non imponeva nessuna responsabilità agli armatori con riguardo al carico trasferito.

Ne seguì che gli armatori non vennero ritenuti responsabili della perdita del carico ai sensi del contratto di noleggio.

Commento

Nel diritto inglese, le parti sono del tutto libere di stipulare contratti che sembrano inaspettati o non commerciali.

Nell’interpretazione di tali contratti, i punti di partenza sono sempre le parole e le frasi che le parti hanno scelto di usare.

Non è un metodo di interpretazione ammissibile quello di proporre un principio generale o generalmente accettato per condividere il rischio tra armatori e noleggiatori o di cercare, in astratto, di determinare una ragionevole allocazione di rischio e quindi forzare le clausole del contratto a rientrare nel contesto di quel principio o in quel concetto di ragionevolezza.

Adottando correttamente questo approccio, il giudice ha raggiunto un’interpretazione realistica e commerciale del contratto, essendo improbabile che le parti, nel momento in cui abbiano statuito il regime per eventuali perdite durante il transito, abbiano mai avuto in mente la possibilità di un furto da parte di pirati.

Tale tipo di furto corrisponde alla classica azione da parte di pirati dell’Africa Occidentale negli ultimi anni. Da un punto di vista prettamente economico, tali azioni sono risultate in un problema più per i proprietari del carico (e per gli assicuratori dello stesso) che per gli armatori. (Invece, la tipica situazione, nel Golfo di Aden ed in Africa Orientale sarebbe risultata nel sequestro della nave per molti mesi, seguita generalmente dalla dichiarazione di avaria generale da parte degli armatori, con la conseguente divisione dei costi sopportatati dagli armatori tra la nave e gli interessi del carico, secondo i loro rispettivi valori, incluso il costo dell’eventuale riscatto pagato per liberare la nave). Di fatto, fino ad un anno e mezzo fa, la pirateria in Africa Occidentale era stata solitamente diretta al solo furto del carico. La nave veniva sequestrata, il carico derubato e la nave poi rilasciata dopo pochi giorni. In tale contesto, non vi era bisogno che gli armatori dichiarassero avaria generale, e, nell’assenza di mancata idoneità alla navigazione della nave come causa del sequestro o di una specifica clausola, le perdite rimanevano dove erano. Da una parte, l’armatore subiva danni alla nave, attacchi all’equipaggio e furti ai loro oggetti personali, con attacchi anche piuttosto violenti a livello personale, a differenza dei pirati somali; dall’altra, i proprietari del carico erano vittime di furti del carico del valore di svariati milioni di dollari, e quindi soffrivano molto di più a livello economico.

Tuttavia, si deve notare che tali attacchi, mirati solo a rubare parte del carico, sono diminuiti radicalmente negli ultimi 18 mesi, stante che il sequestro della nave e dell’equipaggio è tornato ad essere la tecnica preferita, seguita naturalmente dalle richieste di riscatto.

Modifica da parte di Intertanko delle sue clausole pirateria per prendere in considerazione le problematiche legate alla sicurezza nel Golfo di Guinea

I nuovi cambiamenti predisposti da Intertanko alla clausola pirateria riguardano il rischio che gli armatori affrontano laddove una nave sia in attesa al di fuori dal porto, per scaricare o caricare il carico.

Le modifiche, che trovano applicazione a contratti di noleggio sia a tempo che a viaggio, lasciano agli armatori la scelta del luogo di attesa della nave. La clausola specifica, infatti: “If the customary anchorage is not safe the vessel may wait somewhere else e.g. several miles off port limits drifting out of range of pirates”, così lasciando la possibilità che, laddove il consueto ancoraggio non sia sicuro, la nave possa attendere altrove, ad esempio a molte miglia dal porto, fuori dalla portata dei pirati.

E ancora, “If an owner does this, any notice of readiness (NOR) will be given from that waiting place and time for the purposes of laytime and demurrage will run from that point. No further NOR would be required”, con questo stabilendo che, laddove un armatore compia questa scelta, l’avviso di prontezza sarà inviato dal luogo ove la nave si trovi ad attendere in quel momento, ed il tempo per le stallie e le controstallie decorrerà da quel momento.

In pratica, i noleggiatori saranno obbligati a pagare agli armatori nolo addizionale calcolato sulla base della tariffa delle controstallie per tutto il tempo trascorso nell’esercizio del diritto di attesa ulteriore al largo, assieme al costo di carburante addizionale, premi assicurativi, equipaggio o altri costi in cui siano incorsi come risultato di effettivo o minacciato atto di pirateria.

Intertanko ritiene, inoltre, che i rimanenti modelli di clausole pirateria siano sufficientemente robusti per coprire le altre problematiche relative al fenomeno nel Golfo di Guinea, incluse le disposizioni relative alle assicurazioni extra.

MTISC - GoG – Centro di segnalazione volontaria per l’Africa Occidentale

Una Carta (Chart Q6114) è stata emessa da poco, per stabilire una “Voluntary Reporting Area” per l’Africa Occidentale. È simile al Chart Q6099 per il Golfo di Aden e contiene anche informazioni sul MTISC-GoG, un centro di segnalazione marittima aperto 24/24 in Ghana (info@mtiscgog.org; +233 (0)302 718227 / (0)260 561633 / (0)248 060789).

Si incoraggiano le navi a segnalare i loro movimenti al MTISC-GoG attraverso l’indirizzo e-mail info@mtiscgog.org. La relazione deve essere nella forma stampata sulla Chart. Il centro è presidiato da rappresentanti della Marina militare e del settore marittimo, così come dai rappresentanti di un certo numero di stati nella regione e da un ufficiale dell’Interpol.

Maggiori informazioni verranno pubblicate sul sito del MTISC-GoG - www.mtiscgog.org (ancora non attivo). Il lancio della struttura descritta sarà graduale, al fine di assicurare che il sistema funzioni.

Sarà nostra cura dare un aggiornamento in merito.

Notevole diminuzione del costo della pirateria somala

Secondo il quarto rapporto annuale di Oceans Beyond Piracy, la pirateria somala, nel 2013, sarebbe costata all’economia mondiale circa US$3.2 miliardi, quasi il 50% meno della stima per l’anno precedente.

Nessuna nave di grandi dimensioni è stata catturata nel 2013 e, di fatto, l’ultima grande nave presa dai pirati somali (la SMYRNI) è stata oggetto di cattura il 10 maggio del 2012.

Pirateria in Africa Occidentale - una messa a fuoco

Nonostantela pirateria somala abbia avuto un declino pari al 40% rispetto al picco del 2011, sono aumentati gli incidenti in Africa Occidentale e casi di pirateria continuano anche nell’Estremo Oriente (nei mesi scorsi in Malesia sono stati segnalati tre carichi di petrolio / gas rubati). Comunque lo si voglia definire, il problema è correttamente identificato come pirateria, seppure le problematiche affrontate dalle vittime siano molto diverse.

In Africa Occidentale, come notato sopra, la pirateria si suddivide in due categorie: (1) furto del carico di petrolio; e (2) sequestro dell’equipaggio.

I pirati che operano in Africa Occidentale sono, come i pirati somali, semplicemente criminali, ma provvisti di maggiore equipaggiamento tecnico, al contrario dei pescatori somali. Sono anche sfortunatamente più aggressivi, prestando apparentemente meno preoccupazione al benessere dell’equipaggio, puntando sia a connazionali che stranieri.

Si concentrano sul furto di carico liquido attraverso il trasferimento STS a chiatte di piccole dimensioni o cisterne, e questo significa che, a differenza della Somalia, le perdite finanziarie sono percepite, come analizzato in precedenza, prima da coloro che hanno interessi nel carico piuttosto che dagli armatori. Ciò, naturalmente, dal momento che non viene richiesto alcun riscatto in caso di furto al carico.

Evitare/Indirizzare il rischio

Affrontare il problema in Africa Occidentale nel contesto attuale non risulta semplice.

Mentre armatori o noleggiatori possono prendere misure specifiche per proteggere le loro navi, ed in qualche caso anche risalendo alle merci rubate, vi sono probabilmente maggiori ostacoli da affrontare rispetto alla Somalia. Ad esempio, gran parte delle BMP4 (Best Management Practices 4, le ultime linee guida sulle opportune misure anti-pirateria in Somalia) senza dubbio mal si adattano alle navi all’ancora dei porti del Golfo di Guinea. Specifiche misure delle BMP, quali il filo spinato, potrebbero anche rivelarsi pericolose in termini di misura protettiva, stante il rischio di scintille durante i trasferimenti STS ed il pericolo cui potrebbero essere sottoposti stivatori ed equipaggio.

Anche laddove le navi sospette vengano rintracciate e misure adeguate vengano adottate per recuperare il carico rubato, questo può rivelarsi un processo lento e frustrante, dipendente dai tribunali ed autorità locali e con il pericolo che coloro che siano complici nel furto possano tentare di ribaltare il processo, in particolare se essi controllano l’accesso al carico / nave.

Nonostante il loro evidente successo in Somalia, le compagnie militari private si confrontano con maggiori problemi in Africa Occidentale, dal momento che gli Stati del Golfo di Guinea, dispongono sanzioni nei confronti di guardie armate militari / o del corpo di polizia all’interno delle loro acque territoriali.

Detti Stati risultano anche piuttosto protettivi nei confronti dei loro confini marittimi.

La competenza tipica e l’addestramento delle guardie a disposizione spesso risultano discutibili, lasciando molti armatori preoccupati. Alcuni porti hanno stabilito i cosiddetti “Navy Patrolled Anchorages”, ancoraggi sorvegliati dalla marina, ma vi sono molti esempi di navi che hanno subito un sequestro seppure in questi ancoraggi “sicuri”, e dove la marina militare pertinente non ha risposto in tempo, o vi sono state risorse insufficienti per fornire pattuglie di guardia aventi effetto deterrente.

I “sequestratori di equipaggi” non fanno discriminazioni tra le navi che prendono di mira. Spesso vengono rapiti ufficiali di supply vessels offshore, ma anche navi da carico e container sono state prese di mira, con 8 marinai rapiti nelle acque nigeriane. Tipicamente, i pirati trattengono l’equipaggio all’interno del Delta, solitamente dalle 2 alle 4 settimane, durante le negoziazioni del riscatto.

Come rispondere ad un sequestro in Africa Occidentale

Molte compagnie debbono ritenersi fortunate per non aver subito attacchi di pirateria. Il miglior consiglio è dunque quello di cercare raccomandazioni e guida da esperti nel settore. In entrambe le situazioni evidenziate sopra, una società che potrebbe essere a rischio dovrebbe immediatamente informare sia assicuratori che stato di bandiera, quest’ultimo spesso capace di assistere nel monitorare i movimenti della nave.

Nel caso di sequestro dell’equipaggio, un riscatto potrebbe essere l’unico modo per risolvere il problema, ed assicurare il sicuro rilascio degli ostaggi, ponendosi in questo caso la medesima regolamentazione e problemi della Somalia. Se un riscatto deve essere pagato, ci si deve assicurare che il pagamento sia legale all’interno dei paesi interessati e che non vi sia alcun sospetto di coinvolgimento terroristico. Anche se difficile, è importante provare ad identificare il tipo di sequestratori coinvolti e le loro motivazioni, avvalendosi dell’assistenza di professionisti.

Conseguenze legali

Come risultato della pirateria somala vi sono una serie di sentenze emesse dalla High Court e lodi arbitrali che hanno a che fare con (i) legalità del pagamento del riscatto (ii) deviazione e (iii) fuori-nolo. Altre decisioni aventi ad oggetto casi diversi e relativi, ad esempio, ad avaria generale e porti sicuri, potrebbero essere applicate al contesto pirateria, ed ai fini del recupero delle perdite risultanti da atti di pirateria in Africa Occidentale.

Il dinamico cambiamento del crimine marittimo in Africa Occidentale nel 2013/2014

Come accennato, e sulla base di recenti statistiche pubblicate da Gray Page, lo scorso anno gli incidenti nel Golfo di Guinea sono aumentati del 21 per cento, con 87 incidenti rispetto ai 72 nel 2012, ed i 70 del 2011.

Certi tipi di incidenti marittimi sono sensibilmente aumentati. I rapimenti sono cresciuti dell’85 per cento ma, mentre questi sono aumentati, le probabilità di successo dei tentativi di sequestrare la nave per rubare il carico sono drasticamente diminuiti.

Lo scorso anno ha anche visto un movimento geografico dei rapimenti e sequestri, che si sono diffusi nelle zone orientali e meridionali. Vi sono stati meno sequestri nel Golfo del Benin (area tipica per i sequestri), ma un’ondata di sequestri ed attacchi nel Golfo del Biafra, in particolare nelle acque locali del Delta del Niger. Più recentemente, i pirati hanno preso una nave cisterna, la m.t. KERALA, ben più a sud, nelle acque territoriali dell’Angola, vicino a Luanda, confermando la preoccupante estensione della loro zona operativa.

Quindi, cosa sta accadendo a largo della costa dell’Africa Occidentale?

Sequestro per il furto del carico

Nel 2012 ci sono stati 11 sequestri in totale in Africa Occidentale, 8 dei quali diretti al furto del carico. Nel 2013, ci sono stati nove sequestri di cui soltanto tre diretti al furto del carico. Le maggiori misure di sicurezza, unite alla poca esperienza dei nuovi gruppi di pirati, hanno contribuito alla riduzione del fenomeno.

Con l’aumento dei controlli delle autorità portuali e delle forze armate internazionali nel Golfo del Benin l’area di attacco si è spostata più a sud-est ed ovest, come mai prima. In particolare, nel mese di Luglio 2013 si è verificato il sequestro della petroliera MT COTTON, presa di mira per il carico di Marine Diesel Oil (MDO) nelle acque a largo del Gabon, un’area che non era mai stata precedentemente soggetta ad attacchi per il furto del carico. A seguito del sequestro, i pirati hanno dirottato la nave verso il Ghana, dove hanno scaricato il carico in altra imbarcazione più leggera. L’aumento della vigilanza non ha solo creato un deterrente per i pirati ad operare nel Golfo del Benin, ma in alcuni casi ha portato all’intercettazione dei sequestri prima che il carico venisse rubato. Durante il sequestro della petroliera NORTE nell’agosto 2013, le forze militari Nigeriane sono riuscite a trattenere il gruppo di pirati prima che riuscisse ad effettuare il trasferimento del carico ad altra nave. Allo stesso modo, nel luglio 2013, la marina militare francese ha impedito il sequestro della petroliera ADOUR, mentre i pirati erano in controllo della nave. Tali interventi hanno senz’altro influito sul numero dei sequestri del carico nel 2013.

Inoltre, la consapevolezza della minaccia ha fatto sì che molti armatori e noleggiatori prendessero maggiori misure per ridurre la loro vulnerabilità, con navi maggiormente protette ed equipaggi consapevoli del bisogno di aumentare la guardia e vigilanza. Alcuni armatori stanno anche assumendo guardie armate locali per la scorta lungo l’area a rischio. Si ritiene che la combinazione di queste misure abbia contribuito ad un minore numero di sequestri ai fini del furto del carico nel 2013.

Tuttavia, il buon andamento del mercato illegale nigeriano del carburante costituisce forza motrice di questo tipo di crimine nel golfo di Guinea. Dal momento che non ci sono segnali della riduzione della domanda per prodotti petroliferi illegali in Nigeria, il sequestro ed il furto del carico rimangono una elevata minaccia per il 2014.

Le petroliere rimangono soggette a rischi piuttosto significativi quando all’ancora a Lagos, Cotonou, Abidjan ed in acque più orientali a largo di Gabon e Guinea Equatoriale. Inoltre, come notato sopra, nel gennaio 2014 vi è stato il sequestro di una petroliera al largo dell’Angola.

Rapimento

Seppure i sequestri diretti al furto del carico siano diminuiti, il sequestro di persona a fini di riscatto ha visto un incremento dell’85 per cento nel 2013, paragonato ai livelli registrati nel 2012. Gruppi criminali con questa finalità hanno esteso le loro operazioni al di fuori dei confini del Delta del Niger, più ad est verso Cameroon e Gabon, e a sud soprattutto nelle vicinanze delle piattaforme petrolifere del Delta del Niger. Nel gennaio 2014, un gruppo di pirati si è spinto sino alle acque della Guinea Equatoriale per sequestrare il capitano ed un ingegnere dalla nave Ro-Ro San Miguel. Questo è stato il primo caso di sequestro a fini di riscatto registrato così lontano, a sud est del Delta del Niger.

Per i gruppi dei rapitori, i benefici in termini economici per i pagamenti dei riscatti per persona si sono stimati intorno ai 50-60,000 dollari.

La maggior parte dei sequestri nel 2013 hanno avuto come obiettivo le Offshore Support Vessels (OSVs) operanti nel campo del petrolio nel Delta del Niger. Tali tipi di imbarcazione sono state prese di mira a causa della semplicità dell’abbordaggio, operazioni prevedibili e bassa velocità. Inoltre, il pagamento dei riscatti si è sempre rivelato proficuo, date la alte somme pagate. Come ad esempio nell’ottobre 2013 quando due soldati Americani sono stati rapiti dalla piattaforma C-RETRIEVER mentre stava procedendo verso una stazione operativa di Chevron nel Delta del Niger. I due sono stati poi rilasciati nel Novembre 2013 a seguito del pagamento del riscatto.

Sino ad ora, nel 2014, sono stati riportati diversi incidenti relativi al crimine marittimo nell’ Africa Occidentale, almeno cinque dei quali nella regione del Delta del Niger. È interessante valutare come questi incidenti siano diminuiti rispetto al 2012 seppur, tuttavia, ci si aspetta un alto livello di criminalità nella regione, in particolare nella regione del Delta del Niger e del Golfo del Biafra.

Pirateria – un quadro della situazione internazionale alla fine del 2013 / inizio 2014

Recenti incidenti, zone a rischio e catture di pirati

Secondo un recente aggiornamento dell’International Maritime Bureau, la pirateria ha raggiunto il livello più basso in sei anni, con 264 attacchi riportati nel 2013, rappresentando un calo del 40% rispetto al picco della pirateria somala nel 2011. Riportando statistiche dell’IMB, vi sono stati solo 15 incidenti a largo della Somalia nel 2013, rispetto ai 75 del 2012 e 237 nel 2011, e l’ultima nave presa dai pirati somali è stata catturata il 10 maggio del 2012.

Tuttavia, lo scorso anno, più di 300 persone sono state prese in ostaggio, 21 hanno subito lesioni ed in quasi tutti gli incidenti è stato fatto uso di armi. Lo scorso anno, 12 navi sono state catturate, 202 sono state abbordate, e 22 coinvolte in scontri a fuoco. Ulteriori 28 navi sono state oggetto di tentato attacco.

La pirateria in Africa occidentale ha rappresentato il 19% degli attacchi a livello mondiale. I pirati nigeriani sono stati responsabili di 31 dei 51 attacchi nella regione, prendendo 49 persone in ostaggio e sequestrandone 36, più che in ogni altro anno dal 2008.

I pirati si sono avventurati a largo delle acque del Gabon, Costa D’Avorio e Togo e sono legati ad almeno cinque dei sette sequestri riportati nella regione. A largo della Nigeria stessa, due navi sono state sequestrate, 13 abbordate ed altre 13 sono state oggetto di scontri armati. Nelle acque della Malesia, sono stati riportati due sequestri, 27 membri dell’equipaggio sono stati presi in ostaggio le navi saccheggiate ed il carico rubato.

Le guardie armate hanno indubbiamente costituito motivo di calo degli attacchi oltreché deterrente, ma il direttore dell’IMB ha ritenuto che la sola vera ragione del declino della pirateria a livello mondiale sia il calo degli attacchi a largo dell’Africa Orientale.

Nel mese di novembre, un rapporto delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale ha specificato che i pirati operanti in Africa dell’Ovest avrebbero guadagnato più di 400 milioni di dollari in riscatti tra il 2005 ed il 2012.

Il 29 gennaio, cinque uomini accusati di aver attaccato una petroliera nel golfo di Aden il 17 gennaio, sono stati trasferiti dal nucleo antipirateria dell’Unione europea, EU NAVFOR, alle Seychelles, con lo scopo di perseguirli per il reato di pirateria.

L’Unione Europea ha portato aventi un importante progetto con le Seychelles nella lotta contro la pirateria, e, come recentemente dichiarato dall’EU NAVFOR, il nucleo, assieme all’intero CGPCS (Contact Group of Piracy Off the Coast of Somalia) sono ansiosi di mobilitare l’aiuto internazionale per sradicare la pirateria somala una volta per tutte, non soltanto per mare ma anche andando a verificarne le cause a terra.

A protezione di navi, marittimi ed aiuti umanitari, nonostante i diminuiti incidenti, l’operazione Atalanta è stata comunque estesa fino al 2016.

Recenti attacchi durante il mese di aprile 2014

Durante il mese di aprile, l’International Maritime Bureau (IMB), ha registrato quattro attacchi dando peso agli avvertimenti dei mesi passati secondo i quali i pirati Somali non avrebbero ancora desistito dal tentare di attaccare facili obiettivi.

Il 5 aprile, alle 08.32 GMT, una nave ro-ro in navigazione 15 miglia nautiche ad est dall’isola di Masirah, Oman, è stata avvicinata da due barchini ed un sambuco (dhow). Il capitano ha dato l’allarme, aumentato la velocità ed ordinato che l’equipaggio andasse a rifugiarsi nella cittadella. Le guardie armate a bordo hanno sparato colpi di avvertimento, facendo allontanare i barchini.

Quattro ore dopo, un barchino veloce si è avvicinato ad una chimichiera nello stretto di Bab-el-Mandeb. Azioni simili sono state prese ed i barchini si sono allontanati. Ancora, il 13 aprile, un barchino veloce con quattro uomini ed una scala a bordo si sono avvicinati ad una petroliera in navigazione a 106 miglia nautiche dall’Isola di Socotra. Anche in questo caso, dopo gli spari di avvertimento, i pirati si sono ritirati.

Il 14 aprile, 7 pirati a bordo di un barchino equipaggiato con RPG hanno tentato l’attacco di una petroliera nel Golfo di Aden.

Ciò dimostra ancora una volta il grande apporto dato dalle guardie armate alla difesa delle navi in navigazione nella zona ad alto rischio.

Ed è recentissima la notizia per cui lo scorso 30 aprile un membro dell’equipaggio a bordo della petroliera SP BRUSSELS ha perso la vita a seguito di un attacco pirata in Africa Occidentale e conseguente sparatoria con le guardie armate. Due pirati avrebbero altresì perso la vita nello scontro a fuoco con le guardie ed un altro membro dell’equipaggio sarebbe stato ferito.

Ed è recentissima la notizia per cui lo scorso 30 aprile un membro dell’equipaggio a bordo della petroliera SP BRUSSELS ha perso la vita a seguito di un attacco pirata in Africa Occidentale e conseguente sparatoria con le guardie armate. Due pirati avrebbero altresì perso la vita nello scontro a fuoco con le guardie ed un altro membro dell’equipaggio sarebbe stato ferito.

Al momento dell’attacco, la nave con il suo equipaggio di 17 uomini a bordo, era senza carico sulla rotta da Port Harcourt a Lagos. In conformità alla normativa, l’equipaggio e le guardie si sono ritirate nella cittadella, una volta che i pirati sono riusciti a salire a bordo. Tuttavia, due membri del’equipaggio non sono riusciti a mettersi al sicuro in tempo.

Trasferimento delle operazioni di pirateria a terra

A prova del fatto che i pirati abbiano trasferito il loro campo d’azione a terra, è stato il rapimento il 12 gennaio scorso di due ingegneri kenioti, mentre lavoravano ad un progetto in Mogadiscio.

I pirati, come annunciato dal segretario generale del sindacato dei marittimi del Kenia, appartengono ad un gruppo controllato dal capo dei pirati Mohammed Gafanje. Hanno richiesto un riscatto di 1 milione di dollari alle famiglie degli ostaggi, che sarebbero trattenuti ad Haradheere.

I pirati fanno parte del clan Habargidir-Hawiye, implicato nel rapimento del giornalista statunitense Michael Scott Moore nel gennaio 2012 e della turista inglese Judith Tebbutt nel settembre 2011.

Il capo dei pirati Mohamed Abdi Hassan, altrimenti detto Afweyne, è un noto membro del clan basato nella regione del Galguduud. Assieme al presunto complice Mohamed Adan Tiiceey, Afweyne è stato accusato nel 2009 in Belgio del sequestro della draga POMPEII.

Inoltre, i pirati stanno trattenendo una dozzina di ostaggi catturati a terra, la maggior parte da quando le navi militari e le guardie armate a bordo hanno reso gli attacchi in mare sempre più difficili dalla metà del 2012. I lavoratori ed i turisti che vengono rapiti nell’entroterra vengono poi trasferiti sulla costa per le negoziazioni del riscatto.

I pirati hanno anche una grande abilità di adattamento; alcuni avrebbero infatti offerto di collaborare nei servizi contro la pirateria e come negoziatori.

Norme europee per le società di sicurezza marittima ma gli Stati membri e l’industria marittima non sono disposti ad accettare

Parlando il 29 gennaio scorso ad un evento tenuto dalla Security Association for the Maritime Industry, Robert Missen, a capo della direzione generale della mobilità e trasporti presso la Commissione Europea, ha dichiarato che in termini di sicurezza marittima, l’Europa ha generalmente adottato un approccio passivo con riguardo a come gli armatori abbiano deciso di agire.

Ha dichiarato che sarebbe stato meglio per gli Stati membri dell’Unione Europea fornire protezione anti pirateria ma, ha aggiunto, qualcuno non avrebbe mostrato interesse ed altri non avrebbero avuto le risorse.

Vi sarebbe state la sensazione che le compagnie di sicurezza privata dovessero essere permesse ma che vi fosse necessità di chiarezza legale.

La Commissione Europea ha supportato totalmente l’ISO 28007, nuovo criterio per le compagnie di sicurezza privata creato dalla International Organisation for Standards su richiesta dell’ IMO (International Maritime Organization).

A suo parere, sarebbe stato ottimale avere un criterio universale, ma che questo, in realtà, non fosse traducibile nella pratica.

Un’altra opzione, ha dichiarato, sarebbe quella di rendere effettiva una serie di criteri a livello dell’UE dal momento che questo aiuterebbe a creare un piano di parità, aggiungendo che si dovrebbe limitare la competizione nella sicurezza e che le società che investono nei criteri di sicurezza dovrebbero essere ricompensate.

Non è impossibile rendere l’ISO 28007 obbligatorio a livello Europeo per le compagnie di sicurezza privata europea e navi battenti bandiera Europea; il motivo per cui ancora non sia accaduto è costituito dall’insufficiente disponibilità degli stati membri e l’industria marittima ad una norma comune. Società certificate in Inghilterra dovrebbero fare richiesta di ulteriori misure di licenza in paesi come Germania e Cipro.

Due guardie inglesi detenute in Nigeria

Due militari inglesi sono stati detenuti in Nigeria dopo essere stati inviati a guardia di una nave cisterna per la subita minaccia di un attacco pirata. Il viaggio della nave CRETE doveva iniziare in Nigeria lungo l’Escravos il 21 marzo, ma il comandante aveva richiesto che facesse rotata a Warri dal momento che aveva subito un attacco pirata il giorno precedente. La squadra a guardia della nave aveva fatto sosta in un albergo prima dell’imbarco, dove, senza alcuna ragione, un contingente militare fece poi irruzione, procedendo all’arresto delle due guardie inglesi ed altri individui, che vennero portati in luogo sconosciuto, come sconosciute sono le cause dell’arresto.

Si pensa ad un errore di identità, ma questo ancora una volta dimostra quanto la situazione sia difficile anche per chi desidera contrastare il fenomeno in Nigeria. E l’ironia della sorte è che la CRETE era stata attaccata da pirati proprio il giorno precedente.

Per informazioni si prega di rivolgersi a Richard Mabane all’indirizzo e-mail richard.mabane@hfw.com o al numero telefonico +44 (0) 2072648505 (diretto) o +44 (0) 7881 827952 (cellulare).

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